Nel film del 1998 Sliding Doors del regista Peter Howitt, con una Gwyneth Paltrow non ancora avvezza a mettere in vendita i propri effluvi vaginali, la vita della protagonista prendeva due pieghe differenti in base a un evento banale. In Look Both Ways di Wanuri Kahiu, invece, la vita di Natalie, una studentessa fresca di laurea e in procinto di cominciare una nuova vita a Los Angeles, prende due pieghe differenti in base all’esito di un test di gravidanza.
Natalie, interpretata da Lili Reinhart, conosciuta soprattutto per il ruolo di Betty Cooper in Riverdale, è una giovane e ambiziosa disegnatrice che intende prendere d’assalto Los Angeles con la sua amica Cara e sfondare nel mondo dell’animazione. La conosciamo proprio mentre imbottisce di frasi motivazionali l’amico Gabe, parlandogli del suo “piano quinquennale” dopo la laurea, che prevede una luminosa carriera nella città degli angeli. I due faranno sesso e una delle due Natalie resterà incinta. Le cose si sistemeranno e “tutto andrà bene”, alla fine, perché entrambe riusciranno a realizzare i loro sogni, rispettando persino la finestra temporale di cinque anni.
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Si potrebbe riassumere così Look Both Ways, una commedia decisamente troppo simile a Sliding Doors per non soccombere nell’accostamento.
Nel film del 1998 il tema del destino era subdolamente nascosto in un evento apparentemente insignificante, come perdere o meno un treno. Qui lo sdoppiamento avviene sulla base di un fatto decisamente più significativo come una gravidanza. La vita delle due Natalie segue binari diversi che portano entrambi allo stesso risultato: fidanzata, anche se con due uomini diversi, in carriera e comunque sempre bellissima. La differenza tra i due film si sente ma fa decisamente calare l’ago della bilancia in sfavore di Look Both Ways.
Sliding Doors ci mostrava come un evento apparentemente favorevole nascondesse un destino tragico. La Helen che prende il treno, in apparenza più fortunata, è quella che alla fine morirà. Quella che vede le porte chiuderglisi davanti, invece, sopravvive e sarà destinata comunque a incontrare l’uomo che, nell’altro universo, la vedeva morire tra le sue braccia. Il destino è il vero protagonista del film, mettendo una serie di ostacoli e disgrazie sul percorso delle due donne e beffando lo spettatore riunendo i due destini di Helen sul finale.
Look Both Ways, invece, non dà più di tanta importanza al destino, preferendo porre l’accento sulla differenza che fanno le scelte individuali e, soprattutto, l’impegno che una persona mette in ciò che fa. In base a un evento arbitrario e non impugnabile come un test di gravidanza positivo o negativo Natalie potrà decidere come condurre la sua vita, concentrandosi sulla carriera, l’elemento che per entrambe rimane sempre centrale.
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I personaggi che Lili Reinhart incarna sono solo in apparenza una carrierista sfrenata o una mamma che non ha perso di vista il suo sogno. Entrambe procedono nella rispettiva esistenza col freno a mano tirato, pensando più a fare le cose “bene” e ad assecondare gli altri che a esprimere realmente le loro potenzialità.
La Natalie mamma, infatti, rifiuta di impegnarsi sentimentalmente con il padre di sua figlia, pensando più al diritto di lui di “spassarsela” che al suo di avere accanto un uomo che la ama. La Natalie che va a Los Angeles, invece, nonostante riesca al primo colpo ad avere il lavoro che desidera rimane impantanata nelle sue stesse ambizioni, troppo perfezionista e programmatrice per distinguersi.
L’impressione che lascia Look Both Ways è di aver assistito a un prodotto tecnicamente ben confezionato, che rispecchia tutti i canoni estetici e culturali di Netflix, ma che proprio a causa della sua eccessiva preoccupazione nel fare tutto “giusto” si perde per strada l’essenziale. Entrambe le Natalie affrontano il peggior problema della donna occidentale moderna: la smania di dire sempre di sì a tutti tranne che a se stesse. Lucy, il capo di Natalie a Los Angeles, la incoraggerà a “trovare la sua voce”. Entrambe ritrovano se stesse investendo nel sogno di disegnare e riescono a realizzarsi: e quindi?
Che gusto c’è a prendere strade differenti se la vita ti conduce, immancabilmente, nello stesso punto?
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Non c’è alcuna differenza sostanziale nella natura delle due Natalie, che non vengono portate a compimento dalla sceneggiatura come due persone che maturano diversamente in base agli eventi della vita e alle scelte prese. La prova è la scena finale, in cui tutte e due le Natalie tornano nel bagno della confraternita in cui era cominciato tutto cinque anni prima, per dirsi compiaciute “è andato tutto bene”.
L’arrivo nel medesimo punto dei personaggi, in Sliding Doors, avveniva a causa di un beffardo gioco del destino. In Look Both Ways è ricercato e voluto dalla sceneggiatura, come a voler ingenuamente annullare il potere del cambiamento e della maturazione che possono avere il tempo e le vicende della vita.
Look Both Ways, nonostante un’estetica eccessivamente patinata e un moralismo lievemente stucchevole, riesce a suscitare empatia nei confronti del personaggio di Natalie, grazie a una brillante Lili Reinhart. Nonostante il tema della maternità sia troppo di sfondo, merita una nota di merito la scena in cui la madre di Natalie de-stigmatizza la depressione post partum e si fa perdonare per la sua caratterizzazione decisamente troppo affrettata e stereotipata.
Look Both Ways si fa decisamente vedere e si sforza di non imitare Sliding Doors. Purtroppo per lui, il paragone è comunque inevitabile e non basta una confezione accattivante e un vago messaggio motivazionale per non far rimpiangere l’originale.