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Salvini e lo specchietto per le allodole della leva militare obbligatoria in Italia

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Gianluca Lo Nostro

Matteo Salvini vuole reintrodurre la leva militare. Un servizio obbligatorio, di un anno, imposto con lo scopo di riportare ordine e disciplina tra i giovani italiani. «Penso – ha detto il leader della Lega – che un anno di insegnamento delle regole, della buona educazione e dei doveri farebbe dei buoni cittadini».

Non si tratta di una novità. Correva l’anno 2015 quando l’allora quarantaduenne Salvini annunciava una proposta di legge per reintrodurre il servizio civile e militare obbligatorio.

Da allora, l’ex europarlamentare della Lega Nord è rimasto sulle stesse vedute, affermandosi come unica, vera eccezione sul tema della coscrizione obbligatoria. Tutti gli altri partiti sono contrari, per i motivi più disparati. Per la sinistra sarebbe un ritorno a un passato militarista di cui l’Italia non ha bisogno, mentre gli stessi alleati di Salvini – Meloni e Berlusconi – la considerano per quello che è: un’idea démodé e osteggiata dai giovani. Il presidente di Forza Italia continua a ripetere con orgoglio in queste settimane di campagna che fu il suo governo, nel 2004 ad «abolire la leva militare». Ma cosa dicono i programmi elettorali dei partiti e della coalizione di centrodestra? Nulla, infatti.

Inseguire il consenso sulla leva militare

Quella di Salvini non va comunque fraintesa e interpretata come una battaglia individuale. Un sondaggio pubblicato da IZI SpA NotizieRicercheSondaggi ha rivelato che la maggioranza degli italiani, il 53,5 per cento, sarebbe favorevole alla proposta di reintroduzione della leva militare nel Paese. La fascia interessata direttamente da questa misura, dai 18 ai 35 anni, si colloca nettamente a sfavore, con il 71,1 per cento degli intervistati contrari.

È questo l’ennesimo, disperato tentativo del capo leghista di inseguire un certo tipo di consenso, in questo caso quello dei più anziani, promettendo quello che l’elettorato vuole sentirsi dire? Forse, anche perché, lungi dal commentarne l’utilità, occorrerebbe invece segnalarne l’evidente e inoppugnabile inattuabilità. Partendo dalla realtà, di cui manca consapevolezza in quello che volgarmente viene chiamato “Paese reale”.

C’erano una volta le caserme

L’Italia non ha più le caserme per ospitare i neo-diciottenni, i quali ancora ogni anno compaiono nelle liste pubbliche che i comuni sono obbligati a compilare e inviare al governo. Questo perché la leva non è stata abolita, come sostiene, sornione, Berlusconi, ma soltanto sospesa: una sua abolizione sarebbe incostituzionale, secondo l’articolo 52 della Carta.

Ce lo racconta la stampa locale: la maggior parte delle caserme che in passato ospitavano i neo-maggiorenni di tutta Italia è in condizioni fatiscenti e di abbandono. Riqualificarle comporterebbe per lo Stato un impegno economico importante e illogico da mantenere in tempi brevissimi.

Berlusconi e la bufala dell’abolizione della leva militare

Il deputato di Forza Italia Antonio Martino durante la XIV legislatura. Ministro della Difesa durante il secondo e il terzo governo Berlusconi, la legge di sospensione anticipata della leva militare del 2004 porta il suo nome. È scomparso a Roma il 5 marzo 2022. Foto: Camera dei Deputati.

La sospensione della leva militare in Italia non avvenne da un giorno all’altro, come lasciano pensare i proclami di Silvio Berlusconi. È un fatto, storico, da collocare in un processo di ammodernamento e trasformazione delle forze armate italiane, iniziato 25 anni fa: il passaggio dall’esercito di leva a quello professionale e volontario.

Furono i governi di Massimo D’Alema e Giuliano Amato a inaugurarlo, portandolo a termine con il decreto legislativo dell’8 maggio 2001, che all’articolo 7 recitava:

Il servizio obbligatorio di leva è sospeso a decorrere dal 1° gennaio 2007. Fino al 31 dicembre 2006, le esigenze delle Forze armate sono soddisfatte ricorrendo ai giovani soggetti alla leva nati entro il 1985.

Il secondo governo Berlusconi, entrato in carica l’11 giugno 2001, fece approvare al parlamento la legge 23 agosto 2004 n. 336, la cosiddetta legge Martino, che anticipò la sospensione della leva militare di due anni, dunque dal 2005. E lo fece con un appoggio bipartisan a Montecitorio: su 450 votanti, 433 votarono a favore, 7 astenuti e solo 17 si espressero con voto contrario. La Lega votò in blocco a favore, malgrado una leggera polemica sugli alpini emersa durante il dibattito parlamentare del provvedimento.

Perché all’esercito italiano non piace l’idea di reintrodurre la leva

Infine c’è un altro fattore di notevole importanza, e cioè l’opposizione degli alti vertici dell’esercito. L’evoluzione dell’esercito in Italia ha portato a una nuova regolamentazione, con l’istituzione del codice dell’ordinamento militare del 2010. I soldati di leva vennero perciò rimpiazzati dagli attuali VFP1 e VFP4. L’esercito italiano è così entrato nel XXI secolo delle forze armate.

Il futuro, come dimostrano gli Stati Uniti, è la professionalizzazione dell’esercito, e non la leva, che genera anche dei costi sociali che solo uno Stato dittatoriale e tirannico – come la Russia di Putin – può permettersi senza colpo ferire.

I generali italiani faranno di tutto per impedire che il capriccio di un politico mediocre scombini un quarto di secolo di evoluzione militare. A liquidare la proposta del leader della Lega ci ha pensato il ministro della Difesa, Lorenzo Guerini, che l’ha commentata usando queste parole: «La riproposizione della leva obbligatoria è un’estemporaneità da campagna elettorale».

Insomma, questa leva non s’ha da fare. A meno che domattina i bombardieri russi non sorvolino le nostre città, pronti a polverizzarle. Ma anche quello, come le promesse di Salvini, non è realistico.

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Gianluca Lo Nostro

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