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The Sandman, analisi e recensione della prima stagione – WiSerial

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Giacomo Stiffan

Con l’ultimo episodio bonus (sì, c’è un episodio bonus) si conclude la prima stagione di The Sandman, l’attesissima serie tratta dall’omonimo fumetto di quel genio di Neil Gaiman.

La fanbase del comic book si è divisa su questa trasposizione. Sebbene molti abbiano apprezzato la sostanziale fedeltà al materiale di partenza, i gender swap, i cambi di colore della pelle di alcuni personaggi e altri piccoli dettagli hanno fatto storcere il naso ai fan più talebani.

A tal proposito, questa recensione affronterà esclusivamente la serie tv: non ci troverete pignolerie sulle differenze rispetto ai fumetti.

L’analisi

Oneiros, Dream, Morpheus: il re dei sogni dai molti nomi

Tutto The Sandman ruota attorno a Dream, il re dei sogni e degli incubi. Lui è uno degli Endless, gli Eterni, entità più antiche degli dèi stessi. Essi impersonificano le varie sfaccettature dell’esistenza umana: Sogno, Desiderio, Morte e così via.

Dream è interpretato da un Tom Sturridge in stato di grazia: pallido, longilineo, lunghi e arruffati capelli corvini, occhi gelidi, una perenne espressione imbronciata. Il re dei sogni governa Dreaming, il luogo dove si recano i sognatori durante il sonno.

Il pilot di The Sandman

La prima puntata funge da prologo. Nel 1916 l’occultista inglese Sir Burgess, nel tentativo di evocare la Morte per intrappolarla ed estorcerle la vita del figlio morto da poco in guerra, finisce per imprigionare per errore Dream proprio mentre stava per eliminare dalla realtà un pericoloso incubo fuggiasco, Corinthian.

Durante la prigionia – che durerà un secolo – l’umanità soffrirà di varie malattie legate al sonno, con persone incapaci di svegliarsi e altre di addormentarsi.

Burgess sfrutta Dream e i suoi strumenti (il rubino, l’elmo e la sabbia) per allungare la vita a lui e ai suoi accoliti, ma alla fine morirà quasi per caso a causa del figlio minore, che disprezzava più di ogni altra cosa.

La puntata si caratterizza per il continuo saltellare da un personaggio all’altro. La regia si concentra su un punto di vista alla volta in maniera quasi frenetica, ma questo approccio è vincente: lo spettatore impara in breve tempo pulsioni e motivazioni dei molti personaggi, imparando a conoscerli a tempo di record.

In questa fase Dream funge solo da narratore esterno e Sturridge, chiuso nel mutismo della sua prigionia, comunica sullo schermo solo con il linguaggio non verbale, peraltro in maniera molto convincente.

Nota di merito per i casting dei personaggi nelle varie fasi della loro vita, molto azzeccato.

Finalmente libero

Saltiamo ai giorni nostri. Con la complicità più o meno consapevole del figlio di Sir Burgess, Paul, Dream è finalmente libero ma debolissimo. Privo dei suoi strumenti e senza una sufficiente quantità del suo potere, non è in grado di ripristinare la marcescente Dreaming ai fasti precedenti alla sua prigionia.

Con l’aiuto della sua bibliotecaria Lucienne (un’ottima Vivienne Acheampong) Dream si reca da Caino e Abele, i tutori di Gregory, l’ultima creatura rimasta a Dreaming creata da Dream stesso. Con il consenso di Gregory può quindi riassorbirla per avere abbastanza potere da evocare le Moire (Fates in originale) al fine di ottenere indizi su dove trovare i suoi strumenti, precedentemente sottratti a Burgess dalla sua amante Ethel Cripp, al tempo incinta di Burgess stesso.

Veniamo così a sapere che la sabbia è in possesso di Johanna Constantine. Si tratta della versione gender swap di John Constantine, lo stesso interpretato da Keanu Reeves nell’omonimo film. The Sandman infatti si svolge nell’universo DC, lo stesso di Superman, Batman e della Justice League. Ma anche della serie Lucifer con Tom Ellis, il cui personaggio nei fumetti vede la sua prima apparizione proprio sulle pagine di The Sandman.

Che la caccia al tesoro abbia inizio

Sulla base dei sibillini indizi delle Fates, Dream parte alla ricerca dei suoi strumenti. Oltre alla sabbia in possesso di Constantine, sa che l’elmo è in possesso di un demone dell’inferno mentre l’utilizzatore del rubino è il figlio di Ethel Cripp, John Dee.

Dream raggiunge quindi Constantine e ottiene la sabbia.

Nel frattempo Ethel – spinta in maniera inconsapevole da Corinthian – cede il suo amuleto protettivo al figlio John, rinchiuso prigioniero in una struttura. Senza l’amuleto Ethel invecchia in un istante e muore, mentre John lo sfrutta per evadere e partire per recuperare il rubino, da lui modificato in precedenza affinché risponda solo a lui.

Viaggio all’inferno

Dream si reca all’Inferno, dove chiede udienza a Lucifer Morningstar, il suo sovrano.

È curioso notare come venga messo in scena l’Inferno: è una sorta di Sottosopra di Stranger Things in negativo, con l’ambiente bianco e nebbioso e un’onnipresente cenere nera che aleggia nell’aria.

Leggi anche: Stranger Things, analisi e recensione della quarta stagione – WiSerial.

Il demone detentore dell’elmo viene individuato, ma per ottenerlo Dream lo deve vincere in duello. Cosa semplice, non fosse che il demone sceglie quale suo campione Lucifer in persona.

Il duello si svolge in maniera quasi identica a quello tra Mago Merlino e Maga Magò ne La spada nella roccia, con la differenza che si tratta di una battaglia puramente immaginaria, senza metamorfosi reali. Vediamo Dream e Lucifer sfidarsi nel trovare qualcosa che possa sconfiggere quanto pronunciato dall’avversario e proprio quando Dream sembra soccombere trova l’unica cosa che Lucifer reputa invincibile: la speranza.

Dream riacquisisce il suo elmo e se ne va, non senza la promessa di Lucifer di ucciderlo, prima o dopo.

Qui un inciso è doveroso: non ci troviamo di fronte allo scanzonato Lucifer di Tom Ellis bensì all’imponente e angelica Gwendoline Christie, che mette in scena un personaggio tanto inquietante quanto affascinante. La sua interpretazione è davvero degna di nota: c’è una crescita notevole rispetto a quando vestiva i panni di Brienne di Tarth in Game of Thrones .

Un pizzico di Dogville

John Dee, il figlio illegittimo di Ethel Cripp e Burgess, nel frattempo è in viaggio per recuperare il rubino che aveva nascosto. Gli dà un passaggio una buona samaritana, Rosemary, che nella volontà di aiutare un viandante in difficoltà si troverà in compagnia di un agghiacciante e pericoloso compagno di viaggio.

Alla fine John recupera il rubino e cede alla buona samaritana il suo amuleto protettivo, ritenendola degna e non avendone più bisogno.

A questo punto la storia si concentra per un intero episodio su John Dee. Si tratta di una puntata claustrofobica, girata quasi completamente all’interno di un diner. La formula scelta ricorda molto da vicino quella di uno spettacolo teatrale, nel quale gli ambienti sono limitati e le interazioni tra i personaggi vengono evidenziate da una sorta di occhio di bue (la telecamera) che illumina la scena che il regista vuole evidenziare rispetto a quanto sta avvenendo nel resto della sala.

A fare da regista dentro lo spettacolo è John Dee: è lui, seduto a un tavolo, che sceglie quale altro tavolo guardare, e noi con lui.

Dogville.

La formula funziona: si tratta di un episodio particolarmente riuscito, che per certi versi ricorda il lavoro di Lars Von Trier in Dogville, che in uno spazio ristretto e puramente immaginario (nel quale i muri delle stanze non sono altro che linee disegnate sul pavimento) riesce a far concentrare l’attenzione dello spettatore sulle interazioni dei personaggi, esaltando le interpretazioni degli attori.

Non sempre la verità è un bene

Scopriamo poco alla volta qual è l’obiettivo che John si è prefissato di raggiungere attraverso il rubino: un mondo in cui è impossibile mentire e nascondere ciò che davvero si pensa. Nel suo piccolo “esperimento” all’interno del diner assistiamo alle sue tristi conseguenze: le bugie e le omissioni sono per definizione negative, ma la loro assenza creerebbe più danni che benefici in quanto esse sono un collante sociale, senza il quale l’individuo non sarebbe in grado di mettersi in relazione con gli altri. La conseguente recisione di qualsiasi legame, il giudizio degli altri e quello verso sé stessi portano infatti i personaggi alle estreme conseguenze: un fiume di sangue, che tra omicidi e suicidi non lascia alcun scampo.

Non si tratta però di un elogio della falsità. John rappresenta una feroce critica all’ipocrisia insita nell’essere umano, tanto da esserne talmente dipendente da non poter sopravvivere senza. Nello spazio di un episodio The Sandman smonta pezzo per pezzo la retorica che individua in un mondo fatto di pura verità un paradiso in terra. Si tratta, invece, di una visione utopica (e ingenua) della complessità delle relazioni sociali umane, incapaci di sostenere un tale ordine delle cose.

Emerge in tutta la sua smisurata bravura David Thewlis (che molti ricordano per aver interpretato il prof. Lupin nei film di Harry Potter) nel ruolo del protagonista dell’episodio, John Dee. Restituisce in maniera eccelsa un personaggio vivido, dal grande intuito e dall’ancor più grande intelligenza, che pur essendo di fatto un villain alla fine è in grado di mostrare la fragilità umana in tutta la sua evidenza.

Dream ritorna (quasi) sé stesso

Dream rintraccia John, che tenta di usare il rubino contro di lui e alla fine lo distrugge, convinto di aver così allontanato per sempre da Dream la fonte del suo potere. Morpheus rivela che, invece, così facendo ha l’ha liberato dalla gemma per tornare alla fonte. Cioè Dream stesso, che con il rubino termina la ricerca dei suoi strumenti acquisendo nuovamente tutto il suo potere.

Ma la prigionia prima e la ricostruzione di Dreaming poi l’hanno cambiato. Oneiros infatti era noto per essere un’entità scura, fredda, inflessibile e solitaria. La sua esperienza nel mondo degli umani ne ha ammorbidito i tratti e ora è alla ricerca di uno scopo più alto.

Si reca così dalla sorella Death e la accompagna mentre svolge il suo mestiere, ovvero accogliere e accompagnare le anime dei defunti verso l’aldilà.

Una insospettabile Morte

Si tratta di una Morte la cui rappresentazione è opposta a quella del classico scheletro ammantato che brandisce la celeberrima falce. Questa Morte è serena, rassicurante, solare, quasi materna. È un’entità che ha compreso l’importanza del suo ruolo per l’umanità e per le singole persone. Lo svolge con amore ricevendone in cambio la soddisfazione di avere uno scopo nella propria esistenza. In altre parole, proprio quello che Dream stava cercando, e ne è ispirato.

Death accompagna Dream nel passato, quando aveva concesso la vita eterna a un comune paesano, Hob Gadling, il quale desiderava di vivere per sempre. Death lo permette, finché lui stesso non vorrà morire di sua spontanea volontà.

Una volta ogni secolo Dream incontra Hob, che nonostante fortune e disgrazie continua imperterrito ad amare la vita. Durante il loro ultimo incontro ipotizza perché Dream si rechi ogni secolo a trovarlo: la solitudine e la mancanza di amici, motivo per cui vede in Hob il suo unico amico. Dream ne è offeso e, scherzo della sorte, non potrà essere presente all’incontro successivo a causa della prigionia.

Hob, alla fine, non aveva tutti i torti. Tornati ai giorni nostri, Dream si reca al loro appuntamento e il piacere di rivedersi è palpabile. Nemmeno un Eterno come lui può dirsi immune da emozioni come la solitudine. In tal senso, risulta sempre più evidente come stia cambiando, e cominci a comprendere e apprezzare l’umanità, nonchè a trovare uno scopo nel migliorarla.

L’ultimo arco narrativo (prima dell’episodio bonus)

Dietro le quinte Desire, altrə congiuntə di Dream, trama contro il re dei sogni. Il suo piano ruota intorno a Rose, discendente di un’anziana e benestante inglese, Unity Kincaid, risvegliatasi dalla malattia del sonno grazie alla fine della prigionia di Dream.

Unity sarebbe dovuta essere un vortex, un essere umano in grado di manipolare i sogni ed entrare in quelli degli altri, una vera propria bomba a orologeria capace di distruggere Dreaming. Per questo motivo i vortex vengono rintracciati ed eliminati.

Unity però non ha potuto diventarlo a causa della malattia, motivo per cui Desire l’ha ingravidata mentre dormiva, facendo passare il vortex alla sua progenie fino a Rose, nella quale si manifesta.

Qui sta il tranello: se Morpheus uccidesse Rose, ucciderebbe la progenie di un Eterno, Desire, scatenando l’ira della famiglia.

Il sacrificio dell’anziana Unity, che assorbe il vortex per salvare Rose e accetta di morire per salvare il mondo, disinnesca il piano di Desire, per ora.

I sogni fuggiaschi

Dream non è interessato a Rose solo per salvare Dreaming, ma anche per attrarre dei fuggiaschi, due incubi e un sogno.

Il primo è Gault, Creta, un incubo che vorrebbe essere un sogno e si dedica a proteggere la mente del fratello di Rose, Jed, da un padre adottivo abusivo e violento. Dream la eliminerà per essere venuta meno al suo ruolo, ma la farà rinascere nel finale sotto forma di sogno con ali di farfalla, simbologia afferente alla metamorfosi che Dream stesso sta avendo. Ma non solo: il suo essere incubo fuori ma sentirsi sogno dentro è una bellissima metafora della transizione di genere, e la felicità che prova Gault quando Dream la rende ciò che che vuole essere è struggente.

Il secondo è un sogno, Fiddler’s Dream (tradotto con Paradiso dei Marinai), che ha le gentili sembianze di un sempre sul pezzo Stephen Fry. Sarà lui a incrociare Rose, proteggerla e a comunicare a Dream la sua posizione nel finale di stagione.

The Corinthian

Ultimo, ma non per importanza, è The Corinthian. Si tratta dell’incubo sfuggito a Dream poco prima di essere fatto prigioniero da Burgess nel prologo.

Ha un ruolo tutt’altro che marginale in tutta la stagione: è lui a spiegare a Burgess come tenere intrappolato Dream, a spingere Ethel a recarsi da John, a rapire Rose per sfruttarne il potere.

Corinthian non è solo un incubo ma anche un assassino, che vaga realizzando nel mondo reale ciò che faceva durante il sonno agli umani: ucciderli, portando via loro gli occhi. Viene individuato (tra l’altro in quello che appare come lo stesso diner della puntata su John Dee) da un gruppo di insospettabili serial killer, che lo invitano come ospite d’onore a una convention per quelli come loro.

La convention è quanto di più surreale si possa immaginare. Ogni serial killer si aggira nell’hotel che la ospita con un cartellino con il suo “nome d’arte”: pedofili, assassini, integralisti religiosi e torturatori di ogni tipo si scambiano consigli e pareri in workshop a tema, come in una qualsiasi altra convention.

La punizione scelta da Dream per loro è dantesca: rendersi conto dei propri crimini e provare rimorso per le proprie azioni. Alcuni chiamano la polizia per confessare, altri si suicidano, in una catarsi collettiva generata da loro stessi.

Il Dream di un tempo forse non avrebbe agito in questo modo. Molto più distaccato dalle vicende dei mortali, con ogni probabilità non avrebbe perso tempo a interagire in alcun modo con il mondo reale. Ma, ora, è un’altra “persona”.

L’episodio bonus

Uscito il 19 agosto, l’episodio undici è arrivato come un fulmine a ciel sereno: non era stato in alcun modo annunciato e nessuno lo aspettava.

Si divide in due parti. La prima sotto forma di cartone animato racconta la storia di una gatta che, traumatizzata dall’uccisione dei suoi cuccioli da parte del padrone, chiede aiuto a Morpheus. Lui la illumina su un universo parallelo in cui gli umani erano prede dei gatti ma, sognando in maniera coordinata, sono riusciti a cambiare la realtà. È una meravigliosa interpretazione di cosa significa avere tutti lo stesso “sogno”, lo stesso obiettivo, e di come insieme si possa plasmare la realtà e renderla migliore per sé stessi e per gli altri.

Calliope

Il secondo segmento è centrato sulle vicende di Calliope, la Musa chi ispirò Omero e che in passato è stata moglie di Dream. Con lui aveva avuto un figlio, Orpheus. Si evince dai dialoghi che si è recato all’inferno e di lui non si sa più niente, cosa che ha causato la rottura tra i due genitori.

Come Dream, Calliope viene fatta prigioniera più o meno nello stesso periodo, questa volta da uno scrittore, Erasmus Fry, che la obbliga attraverso violenze e abusi a ispirarlo per avere successo.

Viene poi ceduta a Richard Madoc, un altro scrittore che dopo un primo bestseller non riesce più a trovare l’ispirazione per il secondo libro. Madoc proverà prima goffamente a sedurla ma poi, pressato dal suo editore, passerà alle maniere forti anche lui.

Ascoltata finalmente dalle Moire, consigliano a Calliope di chiedere l’aiuto di Oneiros. Ma, purtroppo, anche lui è imprigionato e passano molti anni prima che riesca a rispondere alla chiamata. Venuto a conoscenza della situazione Dream non perde un attimo: minaccia direttamente Madoc, il quale rifiuta di liberare Calliope.

La giustizia di Oneiros

Morpheus a questo punto rende la vita di Madoc un contrappasso: visto che era disposto a violentare una Musa pur di trovare l’ispirazione, Dream lo punisce con una quantità di idee tale da portarlo sull’orlo della pazzia finché, sfinito, libera Calliope.

Dream la raggiunge e si percepisce l’amore che ancora scorre tra loro, ma anche il profondo dolore per la perdita del figlio, cosa che ancora li separa. Si dividono in uno struggente addio.

Con questo arco narrativo andiamo a scavare sempre più nel profondo del protagonista. Apprendiamo di più del suo passato, di ciò che ha perso, di ciò che l’aveva reso duro con sé stesso e con gli altri. Alcuni indizi vengono messi sul piatto, ad esempio per quanto concerne l’inimicizia con Lucifer. Di converso, ci viene presentato il risultato della sua evoluzione, di come abbia saputo trarre degli insegnamenti dalle sue disavventure per comprendere i propri errori e smussare gli angoli della sua personalità.

In conclusione

Dopo la visione di tutti gli episodi possiamo constatare come ci troviamo davanti a una serie di altissimo livello.

Il piatto forte è senza ombra di dubbio la scrittura. Neil Gaiman è un autore di un talento smisurato, che raramente sbaglia un colpo, e con The Sandman il materiale di partenza è di elevatissima qualità. Il problema era trasporre da un media all’altro una struttura narrativa molto complessa, ma ora possiamo dire che Netflix ce l’ha fatta.

Basterebbe già questo a decretare il successo di questa serie, ma se aggiungiamo una regia variegata e a tratti innovativa e un cast di attori superlativi selezionati con grande cura possiamo dire che ci troviamo davanti una serie che va senza grossi patemi nella top five delle uscite del 2022.

Le pagelle

Regia

La struttura semi-antologica della serie, i molti salti temporali e gli archi narrativi di molti personaggi permettono ai registi di sperimentare vari generi, talvolta contaminandoli tra loro. Dal dramma storico all’horror, dal thriller al romantico, dal fantasy allo spettacolo teatrale, ogni puntata di The Sandman è unica.

Il montaggio è impeccabile, con alcune punte di eccellenza. In tal senso il dialogo tra Dream e le Moire con le loro frenetiche sostituzioni l’una con l’altra restituisce un risultato degno di nota.

Anche lato fotografia ci troviamo davanti a un lavoro di alta qualità, capace di dipingere con la luce i volti degli attori. Emblematico il lavoro fatto sui visi di due personaggi in particolare, Lucifer e John Dee nelle rispettive scene più intense.

Menzione speciale per la puntata su John Dee ambientata nel diner. Il taglio dell’episodio è quasi autoriale, molto introspettivo e davvero molto efficace. La camera ci porta a seguire lo sguardo del figlio illegittimo di Burgess e sembra quasi di stare a fianco a lui, di condividerne i pensieri senza che spiccichi una parola.

Voto: 9

Sceneggiatura

Basterebbe dire Neil Gaiman e potremmo chiuderla qui. Il materiale di partenza è di altissimo livello, ma è anche dannatamente complesso da trasformare in un prodotto audiovisivo.

In tal senso la scelta di una struttura semi-antologica è azzeccata. Ogni arco narrativo (che quasi sempre ricalca la singola puntata e i volumi del comic book) è un racconto a sé, con molti personaggi che sono presenti solo in quella precisa storia.

Ci troviamo quindi di fronte a molte trame verticali autoconclusive, nelle quali il vero protagonista spesso è diverso da Dream, che svolge invece la funzione di collante e protagonista della trama orizzontale.

Insieme a Dream ci sono molti altri comprimari nella trama orizzontale, in primis gli Eterni, Lucifer, Lucienne e Corinthian. Nonostante questo la scrittura – coadiuvata da un’impeccabile regia – si prende il tempo per approfondire anche i personaggi legati ai singoli racconti, come Burgess e suo figlio, Ethel e John Dee, Rose e Unity.

Alcune critiche sono giunte in merito a un ritmo troppo lento, ma è il prezzo da pagare per avere dei personaggi così ben caratterizzati.

Voto: 10

Colonna sonora

Le musiche accompagnano con delicatezza la narrazione, senza sovrastarla. La colonna sonora si fa imponente solo quando serve, come ad esempio nella presentazione di Dreaming, e ha un tema che fa da filo conduttore le cui note richiamano la fantasia, i sogni, la magia. Niente di meglio per una serie su Morfeo.

La strumentazione è classica, senza la presenza invasiva di musiche non originali, scelta adeguata al tono della serie.

Come la giusta quantità di sale nel piatto riesce a esaltare il sapore della pietanza, così la colonna sonora di The Sandman fa con un girato di alta qualità.

Voto: 9

Effetti speciali e costumi

Alti e bassi sugli effetti speciali, ma se consideriamo che si tratta di un prodotto seriale non ci si può lamentare. La resa di Matthew il corvo (doppiato da uno splendido Patton Oswalt) è magnifica, così come quella degli occhi di Corinthian. Quella di Mervyn la zucca (doppiato da un bravissimo Mark Hamill) è più che accettabile, mentre Dreaming in generale e molte creature in Cgi sono un po’ basiche.

Lato costumi il lavoro è ottimo. L’evoluzione di secolo in secolo degli abiti di Hob Gadling, ad esempio, è qualcosa di magnifico.

Lo stesso non si può dire del trucco, che tra alti e bassi riserva alcune brutte sorprese. L’invecchiamento repentino di Ethel ad esempio è davvero poco credibile e le parrucche spesso appaiono di un posticcio davvero imbarazzante.

Voto: 8

Cast

Il cast di The Sandman è smisurato. Le singole pagelle pertanto si concentrano sui personaggi principali della stagione e che rivedremo con maggiore probabilità, mentre il voto finale si riferisce al cast nel suo complesso. Rimane il fatto che ci troviamo davanti a uno dei migliori cast visti nel 2022.

Tom Sturridge

Calatissimo nel personaggio, il suo vocione si sposa alla perfezione con l’immagine algida del re dei sogni, sebbene Dream non sia un personaggio di moltissime parole (tranne che nelle vesti del narratore).

Sturridge compensa con una valida interpretazione non verbale. Usa il corpo, usa gli sguardi, usa le movenze. Il suo Morpheus è convincente, struggente e, sebbene la sua introversione non lo renda predisposto, è anche molto comunicativo. Tutto merito di Sturridge, oltre che dell’eccellente scrittura.

Voto: 9

Boyd Holbrook

Il suo Corinthian è strepitoso: cinico, educato, intelligente.

Attenzione al suo sorriso, taglia più di un rasoio ed è il suo marchio di fabbrica, tanto carismatico quanto inquietante.

Le buone maniere, la parlantina sciolta e il fascino che sa trasmettere Holbrook si fondono alla perfezione e il personaggio gli calza a pennello.

Voto: 9

Vivienne Acheampong

Personaggio ricorrente e braccio destro di Dream, la sua Lucienne è stata attaccata da alcuni fan non tanto per la sua interpretazione quanto per il gender swap, il cambio di colore della pelle e il ringiovanimento. A livello estetico, quindi, il personaggio è piuttosto diverso dai fumetti.

Chissenefrega. La Acheampong mette sul piatto un’interpretazione dignitosissima trasformandosi in una sorta di maggiordomo distinto, sveglio e che rappresenta anche una sorta di figura di riferimento per il protagonista. Un po’ come Alfred per Batman.

Dietro lo schermo delle buone maniere riesce comunque a trasmettere allo spettatore ciò che davvero passa per la testa a Lucienne, che spesso e volentieri deve mordersi la lingua. Non è facile e ci riesce molto bene.

Voto: 8,5

David Thewlis

Prestazione grandiosa la sua. La profondità che riesce a dare a John Dee è pazzesca. Nell’arco di un episodio riesce a restituire un personaggio sfaccettato, con un passato e degli obiettivi con i quali si può “quasi” empatizzare.

Ha la fortuna di essere il protagonista di uno degli episodi più particolari ma è anche grazie a lui se riesce così bene.

Voto: 9,5

Gwendoline Christie

Imponente e carismatica, sa incutere timore anche solo con l’impercettibile tremolio di una guancia. La dissonanza tra la pelle d’alabastro, i lineamenti dolci e i boccoli biondi assieme alle ali da demone rendono alla perfezione la natura duale di Lucifero, l’angelo caduto.

La Christie mette in scena un altro dei personaggi colpiti dalle critiche più bigotte per via del gender swap (che poi, gli angeli non erano senza sesso?). Lo fa con una maestria che stupisce. Il suo aplomb così british si sposa alla perfezione con l’educata perfidia del suo personaggio.

Un’interpetazione davvero notevole la sua, nella quale riesce a mettere in luce le sue qualità, molto migliorate negli ultimi anni. Peccato per il poco minutaggio, ma avremo modo di conoscerla meglio in futuro.

Voto: 9

Mason Alexander Park

Uno dei pochi personaggi androgini che si possono trovare nei fumetti classici incontra unə talentuosə interprete non binariə come Park, già fattəsi notare nella purtroppo sfortunata versione live action di Cowboy Bebop.

Ha pochissimo minutaggio eppure è capace di bucare lo schermo con facilità. Mette in scena unə Desire mellifluə, sorridente, sinuosə, che fonde caratteristiche maschili e femminili alla perfezione. È capace di trasmettere una perfidia sottile e impalpabile con grande bravura. Speriamo che abbia più screen time nella prossima stagione.

Voto: 9

Kirby Howell-Baptiste

La Morte in The Sandman è un personaggio atipico rispetto all’immaginario collettivo. Nella versione seriale abbandona gli stilemi goth per un’immagine più acqua e sapone e funziona.

L’interpretazione è calda, materna, saggia e riesce a trasmettere allo spettatore molto bene le sue qualità nonostate un minutaggio minuscolo.

Voto: 8,5

Jenna Coleman

La versione femminile di John Constantine da una parte mette una certa curiosità, dall’altra risulta un po’ insipida. Il minutaggio infimo non aiuta, ma non brilla nemmeno per un qualche particolare guizzo di bravura. Senza infamia e senza lode.

Voto: 7,5

Voto al cast ponderato in base al minutaggio: 9

Pro

  • La scrittura di Neil Gaiman è una garanzia
  • Cast strepitoso
  • Regia notevole

Contro

  • Effetti speciali altalentanti
  • Trucco da migliorare
  • Ritmo lento (per alcuni)

Voto globale: 9

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Giacomo Stiffan

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