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La Russia e l’utilizzo di componenti estere per le proprie armi belliche

Published by
Mariagrazia Bennardo

A differenza di come si afferma nei recenti rapporti di Mosca, non sono solo le forze dell’esercito e gli armamenti costruiti a livello nazionale a guidare l’offensiva russa verso l’Ucraina ma anche e soprattutto le componenti provenienti direttamente dall’Occidente.
Nonostante nel 2014 la stessa Russia, dopo l’invasione della Crimea, avesse ricevuto delle sanzioni che impedivano la ricezione di prodotti esteri di alta tecnologia che avrebbero potuto aiutare nella creazione di armamenti, sembra che in qualche modo questa tecnologia sia comunque finita nelle loro mani e sia stata abilmente utilizzata.

Le indagini della Car e la dipendenza da tecnologia estera

La Car (Conflict Armament Research), un gruppo indipendente con sede in Gran Bretagna che identifica e traccia armi e munizioni provenienti da tutto il mondo, ha avviato un’indagine di controllo sui resti degli armamenti russi ritrovati in Ucraina.

Da questa indagine risultano esserci molte componenti straniere che permettono alla Russia di creare armi molto più facili da rintracciare, ma che hanno anche e proprio per questo motivo parecchi difetti e sono spesso vittima di malfunzionamenti.

La Car era già andata in Ucraina a maggio 2022 e, ritornandoci a luglio, si è ritrovata ad analizzare ulteriori armamenti russi di vario tipo, scomponendoli e trovando al loro interno tecnologia occidentale e asiatica riutilizzata per diverse produzioni, per un totale di 144 prodotti di origine estera utilizzati su 650 componenti balistici russi. Molte tecnologie sono successive alla data dell’ufficializzazione della sanzione alla Russia, datate dopo il 2014, e alcune sono addirittura di fattura molto recente.

Questa indagine della Car dimostra come ci sia attualmente un rifornimento da parte di componenti di fattura europea, asiatica o statunitense alla federazione russa che, in mancanza di essi, non riuscirebbe a fornire da sé i materiali per la creazione dell’armamento bellico nazionale.

I componenti esteri più utilizzati negli armamenti russi

Il rapporto Rusi (Royal United State Institute) afferma che più di 450 componenti di fabbricazione straniera sono stati ritrovati negli armamenti russi utilizzati nell’offensiva contro l’Ucraina e che inoltre, negli anni precedenti all’invasione, Mosca ha acquistato tecnologie critiche da Paesi asiatici, europei e americani.
Gary Somerville, ricercatore presso l’Open Source Intelligence and Analysis Research Group della Rusi, afferma che gli stessi russi sembrano essere incapaci di riprodurre con le risorse disponibili i componenti necessari per la creazione dei loro stessi armamenti e proprio per questo utilizzano gli “originali”.

Diversi tipi di componenti sono stati ritrovati in armamenti specifici. Uno di questi è il missile da crociera Iskander 9M727, che contiene segnali digitali, moduli di memoria flash e moduli Ram statici realizzati da aziende con sede negli Stati Uniti . Un componente considerato dual-use è presente in molti prodotti bellici russi: il microchip Ram statico Cmos originariamente prodotto dalla Cypress Semiconductor con sede negli Stati Uniti, un chip di memoria ad alta velocità ma a bassissima potenza.

Come la Russia è entrata in possesso di componenti stranieri?

Molte delle aziende produttrici di componenti utilizzati dalla Russia hanno affermato, successivamente a indagini mirate, che hanno dal 2014 rispettato le direttive delle sanzioni inflitte alla federazione e da nessuna indagine ufficiale risulta che vi sia stato qualche illecito da parte di aziende europee, asiatiche o statunitensi. E come, quindi, la Russia è riuscita ad accaparrarsi questi prodotti?
Gary Somerville ha affermato che molti prodotti utilizzati dai russi si possono trovare in elettrodomestici come lavastoviglie o forni a microonde e alcuni sono addirittura molto datati, risalenti a prima del conflitto con l’Ucraina, ma questo non significa che ogni prodotto da cui sono stati estratti i componenti sia stato importato e acquistato in maniera legittima: la facilità di entrarne in possesso non ne garantisce la legalità.
Lo stesso Somerville ci spiega come si possono utilizzare delle “aziende di facciata” per importare illegalmente nella federazione dei prodotti che, in via ufficiale, risultano invece perfettamente legali. Pare che la Russia utilizzi utenti finali falsi e società di trasbordo con sede in Paesi terzi per oscurarne la destinazione finale. Somerville cita dei documenti doganali russi che testimoniano come nel marzo 2021 una società ha importato prodotti elettronici del valore di 600.000 dollari dalla Texas Instruments attraverso un produttore con sede a Hong Kong e che la stessa azienda ha poi importato prodotti di microelettronica prodotta da Xilinx del valore di 1,1 milioni di dollari.

L’utilizzo di tecnologia non avanzata che crea armamenti poco funzionali

Damien Spleeters, un investigatore che ha contribuito al rapporto della Rusi di cui abbiamo parlato sopra, afferma come la Russia ha riutilizzato spesso dei prodotti realizzati dalle stesse aziende, avendo un accesso facilitato alle stesse, per la mancanza di possibilità di importare nuove tecnologie a causa delle sanzioni molto restrittive a suo carico.
Si nota un’enorme differenza tra le armi di prima qualità russe e quelle che sono state utilizzate nel conflitto contro l’Ucraina. Queste ultime sembrano armi belliche talmente facili da decodificare che risulta quasi strano che una superpotenza come la Russia possa utilizzarle.
Arsenio Menendez, un appaltatore della Nasa, ha affermato che i russi hanno utilizzato tecnologia degli anni Novanta o al massimo della metà degli anni Duemila, e questo può essere uno dei motivi per cui spesso i missili russi non sono poi così precisi come dovrebbero essere. A differenza di superpotenze come gli Stati Uniti, che utilizzano armi quasi impossibili da decodificare, la potenza bellica russa inviata in Ucraina sembra poter essere facilmente decodificabile e replicabile anche da un team di laureati in energia elettrica, continua lo stesso Menendez, che conclude affermando come la Russia sembra dimostrare l’impossibilità di tenere il passo con altre potenze belliche e quindi ha deciso di “rubare” la tecnologia straniera e arrangiarsi come meglio può.

Alla luce di queste informazioni è chiaro come ci sia una forte dipendenza da parte della Russia dalle produzioni tecnologiche obsolete e anche non, realizzate nei Paesi europei, asiatici e statunitensi. Un maggior controllo delle esportazioni da parte di questi Paesi, della legalità di certi passaggi doganali e della veridicità di alcune documentazioni potrebbe portare a una radicale riduzione delle componenti a disposizione della federazione russa che, quasi sicuramente, si ritroverebbe in difficoltà e potrebbe ridurre drasticamente il numero di armi da inviare in Ucraina.

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Mariagrazia Bennardo

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