Siamo in piena campagna elettorale e uno dei temi più caldi è quello che riguarda l’istituzione di un salario minimo. I vari leader dei partiti si sono pronunciati in maniera diversa sull’adozione di questa misura; se da un lato la coalizione di centrosinistra si è espressa a favore, come per esempio è possibile leggere sul programma elettorale del Pd, insieme al terzo polo di Calenda, dal centrodestra arrivano dei pareri negativi. Infatti, Giorgia Meloni ha più volte dichiarato che il salario minimo non risolverebbe il problema del lavoro sottopagato, e che sarebbe più adeguato un intervento sull’abbassamento delle tasse sul lavoro.
Ma da dove arriva la proposta dell’istituzione di un salario minimo? Come mai è diventato un tema così presente all’interno della campagna elettorale in vista delle prossime elezioni del 25 settembre?
Un’idea dall’Europa
Quella del salario minimo è un’idea che viene dall’Unione europea; infatti, da Bruxelles arriva l’intento di garantire condizioni di vita e di lavoro dignitose a tutti i lavoratori dell’Ue tramite introduzione di salari equi.
Il Parlamento ha approvato mercoledì in via definitiva la nuova legislazione sui salari minimi adeguati. L’Unione europea, tenendo conto delle diverse legislazioni dei Paesi membri, non intende istituire un salario minimo comune europeo, bensì un quadro di salari minimi adeguati. Inoltre, ai lavoratori e ai loro rappresentanti viene garantito il diritto al ricorso in caso di violazione delle norme.
La creazione di un quadro di salari minimi all’interno dell’Ue presenterebbe sicuramente dei vantaggi. Nell’Ue esistono grandi differenze tra gli Stati per quanto riguarda la percentuale dei lavoratori coperti da contratti collettivi e il livello dei salari minimi, differenze dovute soprattutto alla diversa struttura del mercato del lavoro dei Paesi membri. Una misura che quindi vada a contrastare questa differenza e che garantisca una copertura per i lavoratori è sicuramente efficace in tal senso.
Entusiasti anche i commenti che arrivano da Bruxelles per l’adozione della legge. Dennis Radtke, correlatore della proposta ha affermato: «La situazione attuale dimostra ancora una volta che abbiamo bisogno di un partenariato sociale forte e funzionante in Europa. La politica non può dare una risposta esauriente a tutti gli aspetti di questa crisi». Agnes Jongerius, correlatrice, ha dichiarato: «I prezzi dei generi alimentari, delle bollette energetiche e degli alloggi stanno esplodendo. La gente fa davvero fatica ad arrivare a fine mese. Non abbiamo tempo da perdere, il lavoro deve tornare a pagare. Questa direttiva stabilisce gli standard per un salario minimo adeguato. Allo stesso tempo, stiamo dando un impulso alla contrattazione collettiva, in modo che un maggior numero di lavoratori sia maggiormente tutelato».
La prossima tappa prevede l’approvazione della risoluzione parlamentare da parte del Consiglio, approvazione che dovrebbe arrivare entro la fine di settembre, dopodiché il testo sarà ufficialmente convertito in legge e gli Stati membri avranno due anni di tempo per conformarsi ad essa.
Che l’Europa riesca a emanare tale misura è senza dubbio una buona notizia. Qualche europeista più convinto potrebbe storcere il naso per l’ampio margine di manovra lasciato ai singoli Stati membri, ma un occhio più realista e pragmatico non può non notare che i diversi contesti dei Paesi europei rendono tale scelta obbligata e funzionale.
Sarà interessante osservare l’approccio alla questione da parte del futuro (e probabile, visti gli ultimi sondaggi) governo di centrodestra, visto che, come scritto in precedenza, Giorgia Meloni si è espressa contro l’adozione del salario minimo, proponendo altre ricette. Ricordiamo che sebbene la direttiva lasci libertà nel modus operandi dello Stato membro, essa porta con sé un obbligo di risultato, e una mancanza verso questo obbligo porterebbe a delle sanzioni verso lo Stato reo.
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