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Non chiamatelo maltempo

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Laura Bruschi

«Un’improvvisa ondata di maltempo ha colpito il centro Italia».

«Alluvione nelle Marche».

«Bomba d’acqua improvvisa».

Le immagini che arrivano dalle Marche sono terribili e angoscianti. Ancora una volta, parte della popolazione italiana si trova sommersa dall’acqua. C’è chi ha perso tutto e c’è chi – in un periodo di estrema difficoltà economica – si trova ora con migliaia di euro di danni.
Tutto questo non è maltempo. È emergenza climatica.

Leggi anche: Clima, Nazioni Unite a Milano: cronaca della PreCop26.

In un momento così delicato per la popolazione marchigiana, e non solo, potrebbe sembrare strano scrivere un articolo che richiama l’attenzione alle parole. D’altronde, scrivere “maltempo” o scrivere “emergenza climatica” non cambia ciò che è successo nelle ultime ore.

Leggere “maltempo”, però, ci fa pensare a un evento straordinario in cui, per pura casualità, il tempo è più brutto del solito. Tuttavia, le continue alluvioni a cui abbiamo assistito negli ultimi anni non sono una casualità. Così come non è una casualità l’ondata di calore che tanto ci ha fatto sudare negli ultimi mesi. Noi crediamo che sia importante dare il giusto nome alle cose, soprattutto in questi momenti. Soprattutto a ridosso delle elezioni del 25 settembre, dove il cambiamento climatico è un grande assente.

Foto: Wikimedia Commons.

Qualche anno fa i cambiamenti climatici sembravano parte della trama di un film fantascientifico. Oggi sono ovunque, in Italia e nel mondo. Nonostante si possano toccare con mano, però, continuiamo a declassarli a episodi di maltempo. Come se fossero imprevedibili e l’unica cosa da fare sia aspettare impassibili che la pioggia passi per poi fare la conta dei danni.

Nonostante il lodevole impegno delle associazioni ambientaliste e delle migliaia di persone scese in piazza negli ultimi anni, in queste occasioni i media e i politici continuano a deludere, riempendo i nostri social media di foto, preghiere, raccolte fondi e articoli che non arrivano mai a parlare delle vere cause di queste tragedie. Dopotutto – purtroppo – i politici non guadagnano voti a parlare di ambiente e sui social non si guadagnano like senza titoli clickbait e foto che, spesso, sfociano nella pornografia del dolore.

Nel frattempo, i cittadini scrivono sui social chiedendo a giornalisti e politici di non essere dimenticati. Oltre allo sconforto, sempre più prepotente è anche la sensazione di rabbia e di insofferenza non solo verso una classe politica sempre più lontana dai cittadini, ma anche verso un’informazione che si continua a dimostrare non all’altezza. Gli effetti di queste piogge sempre più forti sono devastanti non solo a livello territoriale, ma soprattutto a livello emotivo. Sono ferite, scrivono alcuni utenti su Twitter, che si potevano risparmiare se soltanto ci fosse stato il giusto interesse e la giusta prevenzione.  

Tra le varie notizie che si sono ricorse nelle ultime ore, infatti, in molti hanno puntato il dito verso le istituzioni del territorio, colpevoli di non aver effettuato manutenzioni e controlli, e verso il dissesto idrogeologico. Sebbene anche questi siano fattori da considerare, purtroppo non bastano per non interessarsi del cambiamento climatico. Rimane necessario riconoscere il collasso dell’ambiente, del territorio e del clima per mettere in sicurezza i nostri territori. Riconoscimento che continua a mancare.  

Foto: Wikimedia Commons.

Mentre il governo si muove per trovare gli ennesimi fondi da dedicare agli aiuti sul territorio, quello che manca è un vero interesse verso il cambiamento climatico, la più grande emergenza del presente e del futuro. Nel continuo susseguirsi di fondi straordinari, di discorsi politici improvvisati nei luoghi dei nubifragi e discorsi vuoti sul maltempo, è necessario aprire una discussione seria sul cambiamento climatico.

Si deve partire non solo dai politici, ma anche dai media che devono passare da un giornalismo clickbait e sensazionalistico a un giornalismo informato. In modo che si parta dalle parole anziché dalle logiche algoritmiche e superficiali che hanno caratterizzato l’informazione degli ultimi anni.

Un episodio simile lo abbiamo, d’altra parte, vissuto con la pandemia da Covid-19, che ha portato i temi delle fake news e della disinformazione fuori dal mondo accademico. Con l’occasione, si era già sottolineata l’importanza di un’informazione chiara e scientifica per aiutare la popolazione mondiale a prendere consapevolezza della situazione e riconoscere rischi e pericoli. Non siamo riusciti, specialmente in Italia, ad arginare il problema e la disinformazione legata alla pandemia e ai vaccini si è propagata a macchia d’olio.

Con l’emergenza climatica già in atto, dobbiamo cambiare il modo di fare informazione e politica. Affinché aumenti il livello di consapevolezza che è mancato finora.

Quindi basta parlare di maltempo. Parliamo del cambiamento climatico.

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Laura Bruschi

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