Lucio Dalla. Anche se il tempo passa: la mostra-evento dell’Ara Pacis

Cappelli. Occhiali. Presepi. Poster. Lettere. Manoscritti. Diari. Pellicce. Fotografie. Dipinti. Pinocchi di legno. Trenini elettrici. Sassofoni, clarinetti e vinili. A dieci anni dalla morte, Roma omaggia Lucio Dalla chiudendo dentro gli spazi espositivi dell’Ara Pacis un’enciclopedia di cimeli, documenti e oggetti per raccontare l’universo ispiratore del cantante vissuto nella Capitale a cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta.

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Dall’infanzia a Roma

Si parte dall’infanzia tra Bologna e la Puglia, segnata dalla perdita del padre, ma anche dalla smania di sperimentare. Cantare e ballare. Poi la formazione jazz. Gli esordi con i Flippers e il cantagiro per le strade d’Italia. Edoardo Vianello e Gino Paoli. Roberto Roversi e Banana Republic. Il cinema e il teatro. La televisione e la musica. Amicizie celebri e amori misteriosi. Per finire, ovviamente, a Roma. Quella trasteverina e popolare che abitò e amò a lungo, fatta di volti, umori, cani, sogni e disgrazie eternati, poi, ne La sera dei miracoli.

Anni Ottanta. Lucio Dalla si esibisce con il sassofono esposto in mostra. Fonte: Wikimedia Commons.

Tra foto, interviste e aforismi iconici, sprazzi del Dalla più autentico: spirituale e spiritoso. Brioso e pensieroso. Estroso e ilare. Folletto dissacrante e ammalinconito che ha ridisegnato i confini della canzone d’autore.

C’è tutto, o meglio un assaggio di tutto l’Universo Dalla (così si intitola una sezione) nella mostra a cura di Alessandro Nicosia con la Fondazione Lucio Dalla, patrocinata da Rai con la partecipazione di Archivio Luce Cinecittà. Esposizione, piace sottolinerlo, all’insegna dell’inclusività, tra intstallazioni ad hoc, percorsi speciali e video Lis per ipovedenti e sordi.

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Un intellettuale visionario

Roma, dunque, tappa obbligata di una mostra nata a Bologna che prosegue nel 2023, per l’ottantesimo della nascita, a Napoli, Pesaro, Milano e poi all’estero. Per ribadire ancora, sulla scia del bellissimo Lucio Dalla di Assante e Castaldo (Mondadori, 2021), che non fu solo un cantautore. Fu cantautore. Jazzista. Polistrumentista. Produttore e scovatore di talenti. Narratore. Paroliere. Scenografo. Regista. Attore. Collezionista. Gallerista. Un intellettuale eclettico e totale sempre a caccia del bello e del divino nel suo implacabile iperattivismo creativo.

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