I fatti ucraini e la crisi energetica stanno monopolizzando l’attenzione del mondo, anche a scapito di eventi che potrebbero peggiorare o, forse, migliorare un quadro internazionale sempre più complesso.
In un mondo sempre più multipolare, anche un cambio di leadership di un attore di rilievo come la Repubblica Popolare Cinese ha delle conseguenze che riguardano tutti.
Il ventesimo congresso del Partito Comunista Cinese ha quindi le potenzialità di determinare il corso degli eventi non solo nel Sud-Est asiatico, ma anche nel resto del mondo.
Il Congresso del Partito Comunista
Reperire informazioni sui piani della leadership cinese è difficile; farlo senza sapere come funzioni questo Congresso rende il tutto ancora più complesso.
Il Congresso del Partito Comunista Cinese viene organizzato ogni cinque anni e vede impegnati gruppi di delegati provenienti da tutta la nazione.
Il 16 ottobre si riuniranno 2296 delegati nazionali considerati idonei dal partito per il loro essere «altamente qualificati dal punto di vista ideologico e politico».
I lavori di questo organo decisionale saranno incentrati sull’elezione dei membri del Comitato Centrale, sulla definizione della linea comune da perseguire come partito e sul rinnovo della Costituzione qualora fosse necessario.
Il Congresso, quindi, è fondamentale per la macchina partitica cinese perché dà il via al ricambio della leadership all’interno dei vertici del partito.
Al suo interno sono presenti i più importanti organi decisionali come il Politburo e la Commissione Militare Centrale, e viene inoltre eletta la figura del Segretario Generale del partito, il più alto grado dirigenziale all’interno del Partito Comunista Cinese.
Un ricambio generazionale
A rendere ancora più interessante questo evento è la successione che avverrà all’interno delle alte sfere cinesi.
Undici membri su ventiquattro del Politburo dovranno abbandonare i ruoli apicali della macchina amministrativa cinese a causa del raggiungimento dei 68 anni.
Questa regola fu introdotta nel 2002 per permettere anche a figure più giovani di poter incidere sulla politica nazionale e allo stesso tempo per cercare di mettere un freno al controllo sul partito delle figure più forti.
Uno dei nodi più difficili da sciogliere sarà quello della nomina del successore di Li Keqiang, il primo ministro cinese che, per alcuni analisti, ha rappresentato un fronte interno di dissenso nelle alte sfere, specie nei confronti della politica zero Covid.
Un’altra persona importante che non potrà prendere parte al prossimo Comitato Centrale è la vicepremier Sun Chunlan.
È l’unica donna ad avere uno scranno nel Politburo cinese, e allo stesso tempo è una delle figure che hanno supportato in modo massiccio la politica zero Covid.
Le insidie e le opposizioni al terzo mandato
Il presidente Xi Jinping, dopo aver eliminato il vincolo del doppio mandato nel 2018, diventerà per la terza volta Segretario Generale del Pcc.
Può sembrare che la presidenza del partito sia salda, ma in realtà il quadro è molto più complesso di quello che sembra.
In primo luogo, come visto nel caso di Li Keqiang, le politiche portate avanti da Xi Jinping non sono piaciute a parte dei vertici del partito.
I più maliziosi potrebbero pensare che l’inasprimento della campagna anti-corruzione dell’ultimo periodo, fiore all’occhiello dell’impegno politico del presidente, non sia una coincidenza, ma sia un tentativo di pressing nei confronti degli oppositori.
Xi Jinping allo stesso tempo dovrà rendere conto alle alte sfere della politica cinese della necessità di un suo terzo mandato.
Dovrà dimostrare che le scelte fatte dalla sua leadership sia in ambito domestico che nell’ambito della politica internazionale abbiano effettivamente giovato al Paese.
Infine, dovrà rendere conto dei suoi piani verso le sfide che la Repubblica Popolare Cinese dovrà affrontare per i prossimi cinque anni, che spaziano dalla crisi climatica al sempre più teso rapporto con Taiwan.