La domanda per il bonus psicologo, sulla carta, scadrà lunedì 24 ottobre. Di fatto, però, il tempo utile per rientrare nelle assegnazioni del sussidio statale è scaduto fin dai primi giorni in cui si è aperta la finestra sul portale Inps. Le oltre centomila richieste arrivate nei primi tre giorni hanno mostrato fin da subito il limite dei fondi stanziati. Originariamente dieci milioni, poi cumulati ad altri quindici: insufficienti anche quelli, e non di poco. Ad oggi le domande sono più di trecentocinquantamila, a fronte delle circa 41.500 che potranno essere accolte.
Tirando le somme, solo un italiano su dieci potrà ottenere il contributo per le proprie sessioni di psicoterapia. L’insufficienza dei fondi rappresenta un’eccezione? Il diritto alla salute mentale garantisce l’accesso alla cura?
La questione del bonus psicologo
Da qualche anno a questa parte c’è stata una grossa ondata di bonus per gli acquisti più disparati. Il bonus psicologo, però, ha avuto un sapore e un valore diverso dai precedenti. In una società dove l’esteriore domina, è parso un segnale incoraggiante veder investire dei fondi per il sostegno alla cura di ciò che non si vede o che non siamo ancora culturalmente abituati a riconoscere come degno di attenzione al pari della salute fisica, per la quale invece c’è grande apprensione e partecipazione collettiva.
In realtà, lo squilibrio tra domanda e offerta che ha messo in luce questo provvedimento riflette ciò che, su scala più ampia, è la marginalizzazione riservata alla salute mentale nel Sistema sanitario nazionale. L’orientamento occidentale alla medicalizzazione della salute fa sì che la sanità pubblica sostenga tra le prime voci di spesa la somministrazione di farmaci e terapie psichiatriche piuttosto che investire per garantire il sostegno psicologico nella sanità pubblica. Questo, peraltro, potrebbe offrire la possibilità di trattare con prontezza i disturbi più comuni come quelli di personalità o legati all’ansia che, a volte, si rivelano precursori di future patologie psichiatriche.
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Oltre all’aspetto della prevenzione, che resta centrale in tutti i campi della salute, la possibilità di accedere all’assistenza psicologica gratuita (o quasi) scongiurerebbe anche la dipendenza da alcune classi di farmaci. Il che avviene negli Stati Uniti con gli oppioidi e in Europa con le benzodiazepine, che solo il Belgio ha scelto, per questa ragione, di escludere dai farmaci mutuabili nel 2009.
La salute mentale e il sistema sanitario nazionale italiano
In Italia, i Livelli Essenziali di Assistenza (Lea) sono ampiamente disattesi per quanto riguarda l’igiene mentale. Infatti, solo il 20 per cento degli psicologi italiani lavora presso strutture convenzionate con il Ssn grazie a contratti strutturati. Secondo l’ultimo Rapporto civico sulla salute. I diritti dei cittadini e il federalismo in sanità presentato da Cittadinanzattiva a maggio scorso, la media nazionale è di 3,3 psicologi e 9 posti letto ospedalieri per cure psichiatriche ogni centomila abitanti. La distribuzione tra le varie aree italiane, come ha ribadito il Presidente del Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi (Cnop) David Lazzari è troppo eterogenea e priva di standard organizzativi adeguati. Questo si riflette in una discrepanza tra Nord e Sud ma anche tra aree attigue, come nel caso della Valle d’Aosta (in cui sono sedici ogni centomila) e del Piemonte (in cui ce n’è solo 1,3).
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Per quanto riguarda le strutture, invece, la nostra assistenza pubblica si regge su 126 Dipartimenti per la Salute Mentale, di cui un quinto sono in Lombardia (27), e quasi 1299 strutture territoriali, che assicurano una copertura di 2,6 ogni centomila abitanti. La Toscana alza la media con 7,5 strutture mentre altre quindici regioni restano sotto la media nazionale, con la Puglia fanalino di coda con solo 1,4 strutture.
Questa forbice tra domanda e accessibilità è compensata così dal sistema privato, che d’altra parte però alimenta la disuguaglianza tra chi ha le possibilità economiche di esercitare il proprio diritto alla salute mentale e chi resta tagliato fuori. In proposito, l’associazione psicologi Inpa ha stabilito che in Italia il costo di una seduta oscilla tra i 35 e i 115 euro, l’equivalente di quasi 12 ore di lavoro di un cittadino con salario medio.
Ci sono tentativi per migliorare l’efficacia assistenziale pubblica?
La varietà di condizioni di assistenza tra le regioni del territorio italiano dipende proprio dal federalismo con cui è amministrata la gestione dei finanziamenti. Allo stesso modo sono organizzate anche le iniziative di cambiamento dello status quo sul fronte dell’assistenza psicologica.
Un caso esemplificativo è l’istituire la figura dello psicologo di base. In Italia non esiste ancora una legge nazionale che disciplini questo ruolo e le sue funzioni. Tuttavia, è condiviso che si tratti di un ruolo di collaborazione con il medico di base per fornire un servizio psicologico di cura primaria non specialistico.
Stando così le cose, alcune regioni hanno intrapreso autonomamente delle sperimentazioni (Umbria e Veneto). Tra queste spicca la Campania, che per prima ha istituito ufficialmente questa figura il 3 agosto 2020 con la legge regionale n. 35, per la cui realizzazione sono stati stanziati seicentomila euro sia per l’anno 2020 che per il 2021.
In seguito il Governo ha contestato la legge per presunta violazione dell’art. 117 delle Costituzione, ma il ricorso è stato bocciato dalla Corte Costituzionale. Grazie a questa sentenza, potenzialmente tutte le altre regioni potranno seguire lo stesso modello, come sta già facendo la Lombardia.
Il Lazio invece si è distinto per la più grande azione di screening e intervento di primo livello grazie al progetto AiutaMente: 10,9 milioni di euro da investire per il bonus regionale e il potenziamento dei servizi territoriali e scolastici. Ciò nonostante, il fatto che sia una delle regioni da cui sono arrivate più domande per il bonus psicologo dimostra quanto il supporto degli investimenti pubblici statali sia imprescindibile per un risultato collettivo. Solo così sarà possibile garantire il diritto alla salute mentale e non permettere che venga sminuito come fosse il vezzo di una sparuta nicchia di poche decine di migliaia di persone.