Nella stessa rubrica:
Robert Cornish – John Wayne Gacy – Aokigahara – Leonarda Cianciulli – Passo Djatlov – Ed Gein – Anna Ecklund – Armin Meiwes – Albert Fish
Dopo il caso di Leonarda Cianciulli, una donna torna a essere protagonista della nostra rubrica a tema mistero e personaggi sinistri. Tra le donne serial killer più spietate, spicca sicuramente il nome di Erzsébet Báthory, nata in Ungheria nel 1560.
Le sue vittime accertate sono oltre cento, da aggiungere alle altre trecento di cui era fortemente sospettata all’epoca. In un diario trovato nella sua abitazione, si leggerebbe che le vittime sarebbero seicentocinquanta, e questo farebbe di lei l’assassina seriale più prolifica nella storia.
Gli storici sono però scettici sull’esistenza di questo scritto. La sua storia è contornata di leggende e di tradizione popolare. La sua figura ha ispirato numerose opere cinematografiche, letterarie e musicali, diventando un personaggio di culto nell’immaginario vampiresco.
Erzsébet nacque nel 1560 in un villaggio nel nord-est dell’attuale Ungheria ma crebbe in Transilvania, parte dell’odierna Romania. L’albero genealogico della famiglia Báthory comprendeva vari eroi della guerra contro i turchi osmani, un cardinale e un re di Polonia. A causa della consanguineità non mancavano però malattie del sistema nervoso. Molti suoi parenti mostravano segni di epilessia, schizofrenia e altri disturbi mentali.
Fin da bambina, Erzsébet Báthory era soggetta a forti sbalzi di umore e assistette a episodi di inumana violenza. A tredici anni, un suo cugino, principe di Transilvania, fece tagliare, sotto gli occhi della giovane, il naso e le orecchie a cinquantaquattro persone, sospettate di aver dato vita a una rivolta contadina. Si sposò all’età di quindici anni con Ferenc Nádasdy, un abilissimo guerriero.
Il marito era spesso lontano da casa e lasciava alla donna il comando del castello e il controllo della servitù. Al castello era in compagnia di due suoi servi fidatissimi: Dorothea, un’esperta di magia nera, e Thorko, che le insegnarono i segreti e le pratiche della stregoneria.
La contessa Báthory amava vestirsi da maschio e nel contempo era ossessionata dalla sua bellezza femminile. Si racconta che un giorno, dopo aver percosso a sangue una domestica, una goccia di sangue di questa cadde sulla mano della Báthory. Ella credette che la pelle in quel punto fosse ringiovanita, e si convinse che fare bagni nel sangue delle giovani vergini, oppure berlo, le avrebbe garantito bellezza e giovinezza eterne. Cominciò così a catturare e uccidere giovani contadine, ma anche figlie della piccola nobiltà.
Nel 1609 Erzsébet Báthory istituì nel suo castello un’accademia che aveva apparentemente il compito di istruire queste giovani nobili. Le donne venivano rinchiuse nei sotterranei, torturate e uccise. Il loro sangue era raccolto dalla contessa. Ecco cosa scrive in una lettera al marito:
«Ho appreso da Thorko una nuova deliziosa tecnica: prendi una gallina nera e la percuoti a morte con la verga bianca; ne conservi il sangue e ne spalmi un poco sul tuo nemico. Se non hai la possibilità di cospargerlo sul suo corpo, fai in modo di procurarti uno dei suoi capi di vestiario e impregnalo con il sangue».
Erzsébet Báthory, in assenza del marito, controllava la servitù. Ella riteneva un affronto intollerabile la fuga di una serva, che era quasi sempre punita con la morte di quest’ultima. Si narra che una notte Dora, una serva di dodici anni, fosse riuscita a scappare. Una volta catturata, fu inserita in una gabbia cilindrica troppo stretta per sedersi e troppo bassa per stare in piedi. La gabbia venne quindi sollevata da terra e spinta contro dei paletti appuntiti. Una notte in pieno inverno, invece, si dice che fece condurre nel cortile delle ragazze denudate, sulle quali versò acqua gelata.
Suo marito non era da meno. Anche in questo caso la realtà sfuma nella leggenda. Si racconta che una serva si finse malata. Quando i due regnanti lo vennero a sapere, infilarono tra le dita della povera malcapitata dei pezzi di carta impregnati d’olio, ai quali diedero fuoco.
Le denunce per le sparizioni aumentarono, fino ad arrivare a una indagine sul conto della donna. Gli inviati dell’imperatore Mattia II entrarono nel castello e colsero la contessa sul fatto, mentre torturava una giovane donna. Fu murata viva in una stanza del suo stesso castello, con un foro per ricevere il cibo. Si lasciò morire di fame quattro anni più tardi.
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