Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden non ha usato mezze misure per descrivere le prossime elezioni di Midterm negli USA: l’America è di fronte a una scelta tra la democrazia e l’autocrazia. Il voto dell’8 novembre 2022 si prefigura come il più importante della storia recente americana. Come finirà? I sondaggi prevedono una maggioranza Repubblicana al Congresso, con i Democratici in grande difficoltà alla Camera.
Non sarà una novità: il Partito al governo risente di un calo fisiologico alle elezioni di metà mandato, salvo rarissime eccezioni. L’ultima volta che il braccio legislativo della Casa Bianca ha incrementato i seggi in parlamento è successa nel 2002, quando George W. Bush consolidò il suo potere sull’onda emotivo-patriottica dell’11 settembre 2001. Nel 2018, Donald Trump fu costretto a dire addio alla maggioranza alla Camera, conquistata in piena era Obama, e inaugurò un’impraticabile collaborazione con la Speaker Nancy Pelosi.
Sono quasi 170 milioni gli elettori registrati che potranno votare martedì prossimo. In realtà questo numero sarà di gran lunga inferiore. Alle Midterm, infatti, l’affluenza si attesta spesso su valori più bassi delle elezioni presidenziali.
In 48 Stati si voterà con il sistema First-Past-the-Post, una legge elettorale maggioritaria in cui vince chi prende più voti. In Maine e in Alaska da qualche anno si usa il Ranked Choice Voting, una legge elettorale che prevede le preferenze. L’elettore può mettere in ordine di preferenza i candidati. I due più votati si qualificano così a un ballottaggio automatico (Instant runoff).
Queste saranno le elezioni di Midterm più costose della storia degli Stati Uniti. Secondo Opensecrets, alla fine della campagna elettorale risulteranno spesi 16,7 miliardi di dollari. Il denaro riveste un ruolo di primo piano nella politica americana. Nel decennio appena trascorso la quantità di risorse messe in campo nelle campagne elettorali è aumentata a dismisura, anche a causa della sentenza della Corte Suprema del 2010 che acconsentì alle aziende private di finanziare candidati e comitati dei partiti.
Lo scrutinio per le elezioni di Midterm negli USA potrebbe andare avanti per molte settimane. Con la diffusione del voto postale e del voto anticipato di persona, parecchi cittadini americani hanno reso l’election day quasi obsoleto. Nel 2020 il ricorso al voto di persona nella giornata elettorale era stato appannaggio dei Repubblicani e forse anche quest’anno sarà così.
Un avvertimento: lo spoglio non avverrà allo stesso modo ovunque. Diversi Stati, come la Pennsylvania, conteranno tutte le schede, anche quelle più vecchie, alla chiusura dei seggi; altri, come la Florida, dispongono di un sistema elettronico che inserisce in automatico i voti postali nel computo elettorale, pertanto lì lo scrutinio partirà dai voti via posta. In Alaska, dove si è votato per delle elezioni suppletive nel settembre scorso, il conteggio è rimasto congelato per due settimane poiché delle schede sono state recapitate in ritardo. Attendersi dei risultati chiari e finali la notte dell’8 novembre sarà una grande delusione.
I prossimi 435 deputati eletti alla Camera dei Rappresentanti saranno in prevalenza Repubblicani. La vittoria dell’Elefantino è nell’aria da quasi un anno ormai. Diversi i fattori che hanno favorito la destra USA. In primo luogo la riforma decennale dei collegi elettorali, talvolta disegnati dai partiti per favorire sé stessi con distretti dalle forme alquanto creative (gerrymandering).
Grazie alla nuova geografia elettorale della Camera, il vantaggio Repubblicano è destinato a crescere perché sono aumentati i collegi gerrymandered, ma non solo. L’impopolarità di Biden non depone a beneficio del Partito Democratico, incapace di comunicare agli elettori una risposta efficace alla crisi economica ed energetica in corso. L’inflazione è la preoccupazione numero uno delle famiglie americane. La stima di seggi vinti dai Repubblicani potrebbe oscillare tra i 220 e i 240.
Al Senato, dove si eleggono 35 senatori su 100, la situazione pare più dinamica. Qui i Democratici difendono coi denti una maggioranza ridotta, guadagnata due anni fa grazie al ballottaggio in Georgia e, sempre secondo i sondaggi, il rischio che gli sfugga è reale.
Le sfide chiave che determineranno il controllo della Camera alta del Congresso saranno in Pennsylvania, Nevada, Wisconsin, New Hampshire, Arizona e Georgia. Stati caratterizzati da una profonda diversità etnica e culturale, a partire dal Nevada e dall’Arizona, dove la popolazione ispanica è numerosa. In Pennsylvania, Wisconsin e New Hampshire la maggioranza delle persone è bianca e i Repubblicani hanno raccolto alcune vittorie significative negli ultimi anni. Tutti gli occhi degli osservatori politici saranno comunque puntati sulla Georgia, per una competizione tutta afroamericana tra il reverendo Raphael Warnock (Democratico) e l’ex giocatore di football Herschel Walker (Repubblicano). Se nessuno dei due supererà il 50% dei voti, scenario probabile per via degli altri candidati minori, si terrà un secondo turno.
È proprio al Senato che l’agenda Biden si è arenata. Qui il Presidente degli Stati Uniti sperava di approvare il Build Back Better Act, una riforma economica e sociale da 2mila miliardi di dollari che non è sopravvissuta all’ostruzionismo delle opposizioni e alle divisioni interne del suo Partito. L’insuccesso legislativo è stato percepito dall’elettorato americano come un fallimento e Joe Biden non è più riuscito a portare avanti altri progetti politici degni di nota da allora. Adesso per la Casa Bianca potrebbe incominciare una convivenza impossibile con un partito sul piede di guerra.
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