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Spettacolo

Morbo di K: la malattia che salvò decine di vite

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A cura della redazione

Un titolo decisamente insolito, incomprensibile. Quasi in grado di destare perplessità e forse spavento, se pensiamo al nostro periodo storico, tristemente popolato da complottisti e no-vax. Andiamo però per ordine.

Roma, 1943. Viene scoperto il morbo di K, una malattia che salverà decine e decine di ebrei romani.

La malattia contagiosissima

Come già detto, andiamo per ordine. Roma, più precisamente Ospedale San Giovanni Calibita Fatebenefratelli, sulle rive del Tevere, anno di grazia 1943. Due anni prima della fine del secondo conflitto mondiale.

Giovanni Borromeo, primario dell’ospedale e convinto antifascista, insieme allo studente partigiano Adriano Ossicini, scoprì un nuovo morbo, definito nelle loro cartelle cliniche “contagiosissimo“, il morbo di K.

Giovanni Borromeo. Foto: Wikimedia.

“K” però non era l’iniziale di un elemento chimico o di un illustre ricercatore, ma le iniziali dei cognomi degli ufficiali nazisti Albert Kesselring e Herbert Kappler, all’epoca in servizio per conto delle SS nella capitale italiana e incaricati di organizzare la deportazione degli ebrei italiani.

Leggi anche: La “leggenda di guerra”: un lato nascosto delle due guerre mondiali.

Il falso morbo

Il morbo scoperto all’ospedale romano era totalmente inventato. Definito “contagiosissimo” nelle cartelle cliniche dei medici, la malattia era inesistente. Inventata solamente con il nobile scopo di salvare le vite di decine di persone.

All’ospedale Fatebenefratelli venne dedicato un intero reparto al morbo di K, in cui furono ricoverati i “malati” dell’appena scoperto morbo, ovvero ebrei e polacchi. Dichiarati morti con il vero nome, ricevevano documenti falsi da una tipografia clandestina e fuggivano con la loro nuova identità, aiutati dal giovane Ossicini, che aveva trovato a sua volta aiuto in monsignor Montini, il futuro papa Paolo VI.

Adriano Ossicini. Foto: Wikimedia.

Il rastrellamento del Ghetto di Roma

Il 16 ottobre 1943 le truppe tedesche fecero irruzione nel ghetto della capitale, arrestando oltre mille persone, la maggior parte delle quali deportate direttamente ad Auschwitz.

Molti ebrei, a conoscenza del pericolosissimo morbo, corsero all’ospedale Fatebenefratelli. Qui vennero subito ricoverati dal dottor Borromeo e dalla sua squadra, che falsificò tutte le cartelle cliniche.

Le truppe naziste arrivarono per un controllo e il dottor Borromeo, in grado di parlare tedesco, spiegò ai soldati quanto il morbo fosse aggressivo e pericoloso, facendoli desistere dall’ispezionare le stanze. Il morbo veniva descritto come molto simile alla tubercolosi. I nazisti terrorizzati lasciarono l’edificio.

Il figlio del dottor Giovanni Borromeo, Pietro, ha pubblicato un volume dal titolo Il Giusto che inventò il morbo di K, edito nel 2007 da Fermento Editore. Adriano Ossicini, morto nel 2019, diventò uno psichiatra e politico, ricoprendo anche il ruolo di ministro della Famiglia tra il 1995 e il 1996.

MC

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