Furry fandom: se ne sente parlare sottovoce, oppure a voce troppo alta e allarmata. Ma alla fine rimane sempre la stessa domanda: cosa significa Furry?
theWise Magazine ha intervistato Ryan, Degron e Endiu di FurryDen per parlare del loro progetto, per approfondire un tema che oggi torna a incuriosire e che troppo spesso viene frainteso o spiegato male.
La sottocultura furry nasce negli anni Ottanta del secolo scorso con la scelta di rappresentare animali antropomorfi nei fumetti fuori dai confini canonici, già all’epoca dettati in buona parte dalla Disney, e in generale fuori dal target di prodotto per bambini e ragazzi. Quindi prende in esame situazioni più adulte e difficili, tra realtà distopiche, inseguimenti polizieschi, scene di nudo, prostituzione e satira spinta. Era un tentativo di rappresentare una realtà meno edulcorata e dar voce a risvolti della società altrimenti ignorati dal genere.
Con il passare degli anni si è creata una comunità diversificata e complessa attorno al concetto di furry: si è sviluppato il furry fandom.
E in seguito sono nati nuovi termini. Ad esempio fursona, il personaggio originale creato da una singola persona, e fursuit, il suo aspetto, realizzato in un vero e proprio costume.
Insieme a FurryDen esploriamo i concetti più profondi e arriviamo al cuore della comunità.
Insomma, facciamo pelo e contropelo alla sottocultura furry!
Com’è nato il progetto FurryDen? Di cosa vi occupate?
«FurryDen nasce nel 2017, con l’intento di dare un volto più istituzionale alla community furry italiana. Nonostante il movimento sia presente nel nostro paese fin dai primi anni Duemila, ha sempre faticato a svilupparsi in associazioni e gruppi organici.
Il primo motivo è la conformazione della penisola a livello geografico. Ma il secondo è forse quello che più di altri ha ostacolato l’organizzazione sistematica: la tendenza diffusa a stigmatizzare l’ambiente nerd e i diversi rami della cultura pop.
Al nostro arrivo nel fandom ci siamo accorti che le persone facevano parte di una comunità digitale frammentata in piccoli gruppi, senza uno scopo dichiarato. Ci si occupava di raccogliere i furry italiani, più che accoglierli. Non c’era una progettualità vera e propria.
Invece, il nostro progetto mira a dare un volto più omogeneo alla comunità, fino a quel momento divisa, chiusa e isolata. In un certo senso abbiamo creato uno dei primi punti di riferimento per i furry italiani, accogliendo appassionati e simpatizzanti in un gruppo che risulta solo a livello formale chiuso, ma è di fatto aperto a ogni tipo di discussione, idea, opinione.
Il furry fandom è un ambiente non esclusivo. Anzi, è molto aperto a contaminazioni di ogni tipo: fumetti e cinema sono il prodotto che va per la maggiore, ma le analogie tra uomo e animale sono così tante che qualunque cosa può rivelare aspetti furry e la mitologia, le antiche fiabe sono solo i primi esempi nella storia.
A maggior ragione era importante definire un contenitore che tendesse a unire le persone, non a creare ulteriori divisioni.
Per questo, sul sito web di FurryDen cerchiamo di portare contenuti approfonditi, interessanti e curati. Puntiamo al confronto, per unire le persone e farle sentire parte di una comunità reale e sicura, in cui esprimersi in libertà, magari portando anche un po’ del proprio vissuto».
Perché il Furry viene definito come una sottocultura?
«Distinguiamo i due termini sottocultura furry e fandom. Il secondo fa riferimento a un qualunque gruppo di persone che si riunisce attorno a un prodotto definito a priori, mentre il primo riguarda una corrente artistica, letteraria e musicale che non si basa su uno o più prodotti. È una produzione del tutto indipendente, un settore specifico e originale della cultura pop. Nella sottocultura furry è la comunità stessa a creare arte e contenuti.
È un ramo di una cultura più ampia oltre che di nicchia, perché tocca in modo trasversale quasi tutti gli ambiti della cultura pop, dal cinema alla pubblicità.
Fin dai suoi esordi l’anima della comunità si è ritrovata nell’essenza underground. Gli artisti sentono il desiderio di andare controcorrente, di esprimersi in ogni campo e infrangere le regole.
Questo ha spinto i primi disegnatori di animali antropomorfi a rappresentare i personaggi in ogni situazione, anche nella loro intimità, in ambiti inusuali o ritenuti inadatti per il grande pubblico.
Così è nata la sottocultura furry. Ne abbiamo parlato in maniera approfondita nella rubrica Storia del Furry Fandom, in collaborazione con Scale, artista furry italiano di grande talento ed esperienza».
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Come fa una persona a capire di essere Furry? In che modo può entrare in contatto con la comunità se non sa della sua esistenza?
«Non c’è un percorso univoco. Ogni individuo, a seconda dei suoi trascorsi e del contesto in cui si trova, compie un suo personale viaggio interiore.
In generale il furry fandom ha avuto una forte espansione fra gli anni Novanta e i primi anni Duemila, con una leggera flessione dovuta al passaggio dall’animazione tradizionale alla Cgi, gli effetti speciali e la corsa al realismo.
In seguito a nuove produzioni cinematografiche a tema, prime tra tutte Zootropolis, il fenomeno furry è tornato alla carica. Così ha trovato rinnovato riscontro anche a livello commerciale.
Ricordiamoci poi che il movimento artistico furry nasce come inno alla trasgressione proprio in petto all’ambito in cui non era ammessa, ovvero il mondo dei cartoni animati e dei fumetti.
Quindi, grazie alla comunità, in molti hanno esplorato tematiche delicate come quella dell’identità sessuale e dell’accettazione di sé.
Ad ogni modo, le persone che si avvicinano al mondo furry tendono a percepire uno spiccato legame con la parte più istintiva di sé.
Per alcuni è una proiezione di sogni e desideri, un modo di guardarsi dall’esterno. Per altri una sorta di guida morale e spirituale, un elemento di comunione e armonia con la natura.
Infine, trovarsi in un ambiente aperto e accogliente come il furry fandom, anche sotto il punto di vista dell’identità di genere e sessuale, permette di allentare le difese, facilita la scoperta di affinità con altre persone che ne fanno parte. In un ambiente del genere si può parlare di qualunque argomento, che sia inerente o meno al furry, e raccontarsi senza temere il giudizio degli altri.
Insomma, nonostante le divergenze e le difficoltà, che fanno parte della natura umana, si può trovare qualcuno con cui costruire qualcosa di meraviglioso. Rimane raro entrare in contatto con la community per puro caso, ed è difficile avvicinarsi a questa realtà senza un collegamento a Internet. Tuttavia, si può conoscere il mondo furry anche tramite gli eventi dal vivo, sebbene i raduni di portata nazionale al momento non siano molti».
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Parliamo di antropomorfismo: è l’uomo ad avvicinarsi all’animalità o sono gli animali a essere umanizzati?
«Nella sottocultura furry la tendenza non è univoca. Si può fare una prima grande distinzione tra chi rappresenta animali umanizzati e chi invece sceglie umani animalizzati.
Possiamo notarlo ancora una volta nell’animazione. Per esempio, nell’anime Beastars gli animali mantengono le loro caratteristiche di base, ma assumono pose e atteggiamenti umani.
Per ogni persona questo concetto può variare in maniera ulteriore. In linea di massima, rimane ferma la consapevolezza che ogni fursona sia la rappresentazione di un animale con caratteristiche umane. Come detto poco sopra, questo è utile per guardarsi dall’esterno, ma può servire anche a esternare un desiderio di evasione. È una forma di escapismo: una maschera affascinante, anche se in potenza alienante, per affrontare un disagio o allontanare le proprie debolezze.
Facendo un’astrazione rispetto al furry fandom, possiamo dire che in buona parte del mondo occidentale l’animale viene idealizzato, perde quelle caratteristiche più crude e spaventose che hanno a che fare con l’istinto e con la sua vera natura. Risulta più gradevole per l’uomo oggi attribuire all’animale valori positivi, come la lealtà o l’altruismo, così da farne lo specchio di un comportamento lodevole.
L’uomo ha capacità di metarappresentazione. Perciò rivede nell’animale qualcosa che corrisponde a sé stesso e alle sue percezioni.
Da questo punto di vista, possiamo affermare che è l’animale a essere trascinato nella sfera umana».
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Un elemento distintivo del Furry Fandom è la fursuit. C’è differenza tra un costume da animale antropomorfo e un cosplay?
«Facciamo una premessa: non è la fursuit a fare il furry. Non è un elemento necessario per definirsi all’interno della community. Il presupposto comune a tutti i furry è la passione per gli animali antropomorfi e l’antropomorfismo: la fursuit è solo una delle tante manifestazioni di questo interesse.
È il costume del proprio fursona o OC [abbreviazione di Original Character, N.d.R.], e rappresenta chi la indossa, il fursuiter, nelle sue caratteristiche più profonde.
Se un cosplay è il costume di un personaggio di un anime, di un videogioco o di un film, la fursuit è personale. Indossarne una significa interpretare la trasposizione animale di sé stessi: il fursona, appunto.
Si può dire che la differenza principale tra cosplay e fursuiting è il grado di immedesimazione.
Ma un’altra grande differenza è il costo. Un cosplay si può acquistare anche a buon mercato oppure fabbricare in casa. Di fatto, la fursuit è un bene di lusso. Per cucirne una sono necessari materiali costosi e commissionarla a un professionista può costare da qualche centinaio fino a diverse migliaia di euro.
Come effetto collaterale può diventare uno status symbol nella comunità, rappresentando sé stessa ancor più di chi la indossa.
Fare fursuiting è una delle tante espressioni della sottocultura furry, e come gran parte di questa, è legato al tema del gioco, della condivisione e dell’allegria. Indossare una fursuit aiuta ad abbassare ancora di più le barriere psicologiche e sociali.
Lo dimostrano le Fursuit Walk, dove spesso i partecipanti mostrano il lato più spensierato e giocoso di sé. Stare accanto a un fursuiter ti mette sempre in un mood di emozioni, gioia e divertimento».
Ora che è finito Lucca Comics and Games 2022, parteciperete ad altri eventi?
«Lucca quest’anno è stato importante, perché siamo riusciti a creare non solo un raduno, ma un vero e proprio evento dedicato. Lucca Furries & Games 2022 si è svolto con una lounge tutta nostra, gli stand delle fantastiche artiste Panthera Arven e Sara Aeritus, un’ora di panel interattivo sul character design e una lunga Fursuit Walk sulle mura della città, quest’ultima organizzata grazie alla collaborazione con il nostro amico Zargo Fox.
Con FurryDen ci piacerebbe in futuro creare occasioni speciali dedicate ai membri della community. Vogliamo diffondere la possibilità di incontrarsi, di organizzare ritrovi in ogni zona, di essere i primi ad attivarsi per fare community. Non vogliamo aspettare che qualcuno faccia qualcosa per noi, desideriamo invece che siano i membri di questa sottocultura così variegata ad alzarsi in piedi e agire in prima persona.
Per questo stiamo portando avanti FurEvent, un progetto parallelo presente su Telegram e sul nostro sito con un calendario dedicato, in cui invitiamo chiunque lo desideri a proporre o cercare eventi nella sua zona».