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Jack Ryan, terza stagione: un gioiellino per Natale – WiSerial

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Giacomo Stiffan

Tom Clancy’s Jack Ryan è una serie che riunisce appassionati provenienti da mondi molto diversi. I libri di Tom Clancy infatti sono immortali, ma intere generazioni hanno assaporato per la prima volta questo meraviglioso autore attraverso i videogiochi. Titoli come Ghost Recon, Splinter Cell e Rainbow Six hanno forgiato schiere di videogiocatori nel corso delle loro innumerevoli iterazioni, facendoli innamorare del Ryanverse ancor prima di aver letto anche un solo libro.

Prime Video e quell’amore per gli eroi americani

Una passione che, se consideriamo il catalogo di Prime Video e i progetti originali sviluppati dalla piattaforma, anche Jeff Bezos sembra condividere. Tanti sono infatti i prodotti su questa falsariga, quel genere che è una via di mezzo tra political drama, spy story e action thriller. Solo nel 2022 sono uscite serie come il validissimo The Terminal List con Chris Pratt, passata purtroppo sotto traccia, ma anche Reacher, altra valida serie tratta dai libri di Lee Child.

Si tratta di prodotti che hanno la base di un giallo, una discreta componente d’azione, intricate trame che intrecciano fantapolitica e complotti senza però mai uscire dai binari del verosimile, cosa in cui falliscono altri franchise simili ma diversi, come ad esempio Mission Impossible.

Sono prodotti niente affatto semplici da realizzare. Com’è normale per i gialli (definirli action è un insulto), una scrittura di qualità è cruciale. Ma dev’essere affiancata a una regia competente, capace da una parte di lavorare bene nelle frenetiche scene d’azione, dall’altra di approfondire in maniera intima i personaggi e conferire il tono drammatico che li contraddistingue. Terzo pilastro la colonna sonora, che dev’essere in grado di tenere alta la tensione e di pompare a dovere quando serve.

Jack Ryan riesce alla perfezione in tutto questo, più di qualsiasi altra serie concorrente.

Quando la finzione anticipa la realtà

In una recente intervista, John Krasinski (attore protagonista e produttore esecutivo della serie) si è detto dispiaciuto di come la serie in alcuni punti abbia anticipato la realtà. Il riferimento è alla guerra in Ucraina, scoppiata a riprese già concluse. La stagione infatti si svolge nella cornice della tensione tra Nato e Russia nell’Europa dell’est, nella quale una fazione russa ribelle tenta un colpo di Stato per reinstaurare l’Urss scatenando una guerra contro la Nato attraverso l’uso di bombe atomiche in Europa e l’attacco deliberato a navi della flotta statunitense.

Va specificato che il mondo di Jack Ryan, come detto in precedenza, più che vero è verosimile. La Russia non è guidata da Vladimir Putin ma da un giovane presidente con più sale in zucca, mentre gli Usa sono guidati da un presidente molto meno stagionato di Biden e (forse una profezia) dai lineamenti latino-americani.

L’importanza del ritmo

Croce e delizia di Jack Ryan è il ritmo con cui si dipana la trama. Oltre alla qualità della scrittura (parliamo pur sempre di materiale che viene dai libri di Tom Clancy) è infatti la capacità di tenere lo spettatore incollato allo schermo a contraddistinguerla.

La serie è frenetica, e per certi versi ricorda 24: la successione degli eventi è cronologica, con un solo importante flashback frammentato su più puntate e con continui stacchi tra le molte location diverse. La maggior parte della serie si svolge in Europa (Roma, Praga, Atene, Mosca) con poche eccezioni: Langley e la Casa Bianca, girati in studio. Tanti luoghi in cui si muovono molte forze diverse sia da una parte che dall’altra, motivo per cui non si può dare niente per scontato.

Tantissimi i personaggi, sia dalla parte dei buoni che dei cattivi. Tra i quali manca un vero e scontatissimo supervillain, in cambio di un intrico più strutturato di personaggi che pensano in modo diverso, e per questo più convincenti.

Tutti questi personaggi interagiscono tra di loro, si intrecciano, viaggiano da una location all’altra, evolvono, e serve un discreto grado di attenzione per stare dietro a questa corsa a perdifiato. Ma ne vale ampiamente la pena: Jack Ryan è una di quelle serie nelle quali arrivi a fine episodio e ti paiono passati cinque minuti, e non vedi l’ora di andare avanti per vedere dove andrà a parare la storia.

Leggi anche: Andor, lo Star Wars che mancava – WiSerial.

Un cast corale

Mai come in questa stagione la figura del protagonista Jack Ryan finisce in secondo piano. Lui è l’operativo, l’uomo sul campo: è quello che si infiltra in territorio nemico, che gira quasi tutte le location, che è più presente nelle scene d’azione. Questa è la stagione nella quale il personaggio di Jack più si allontana dall’anti macho dei libri di Clancy. Jack Ryan, infatti, nei libri è un eroe che vince grazie al suo cervello, più che per i suoi muscoli.

Ma la parte più interessante della trama si svolge lontano dalle azioni del protagonista. In tal senso spiccano il coprotagonista James Greer e la direttrice Elizabeth Wright. È intorno a loro due che avvengono le vicende più importanti, mentre Jack se ne va di qua e di là.

La Russia nel Ryanverse

Che la Russia non sia monolitica come Putin vorrebbe è risaputo. Tra falchi e colombe, nostalgici e realisti, i regolamenti di conti sono all’ordine del giorno in maniera forse addirittura più cruenta di quanto mostrato nella serie. Basti pensare alle numerose defenestrazioni (letterali) di oligarchi e generali sgraditi al Cremlino.

Un golpe a Mosca è comunque una possibilità, per quanto remota.

I recenti fallimenti in Ucraina hanno dimostrato tutta l’inadeguatezza dell’apparato militare russo e per certi versi è proprio questo l’unico punto debole della serie: sovrastima la capacità militare russa. Ma, a discolpa degli sceneggiatori, si tratta di un’illusione creata ad arte dal Cremlino che si è dissolta solo dopo il fallimento dell’invasione in Ucraina.

Dopotutto, col senno di poi son buoni tutti.

Cosa ci aspetta?

La quarta sarà l’ultima stagione, come più volte riferito da Krasinski. Nei libri alla fine Jack diventa Presidente, ma è improbabile che vedremo mai questa evoluzione. Forse la prossima stagione sarà ambientata negli Usa, forse assisteremo alla sua promozione a capo della Cia, o, cosa più probabile, rimarrà un operativo e lo vedremo più volte incrociare la strada con un personaggio che verrà introdotto nella prossima stagione.

Si tratta di Ding Chavez, interpretato da Michael Peña, che poi avrà il suo spin-off: Rainbow six.

Peña è famoso soprattutto come attore comico è sarà strano vederlo nella veste di Chavez. Non che sia la sua prima esperienza con serie drammatiche (era il protagonista di Narcos: Messico), ma si tratta di certo di una sfida per lui. Come lo fu per Krasinski, noto al grande pubblico soprattutto per il ruolo di Jim Halpert in The Office, anche se aveva già svolto ruoli drammatici.

Speriamo che si tratti di una scelta di cast altrettanto vincente e che Peña sappia tirare fuori un physique du rôle adeguato.

Le pagelle

Regia

Ottima sempre e comunque. Le scene d’azione sono chiare e comprensibili, i primi piani sono intensi al punto giusto e attenti a far capire i non detti tra i personaggi. Spiccano gli episodi in mano alla regista sudafricana Jann Turner, con già un ampio bagaglio di esperienza nel settore.

La qualità in generale è a livello cinematografico, con fotografia e montaggio impeccabili in ogni frangente.

Voto: 9

Sceneggiatura

Il materiale di partenza è oro colato e gli sceneggiatori sanno trattarlo abbastanza bene. Magari non in maniera fedelissima all’originale, ma rimane una storia avvincente, di quelle da stare col fiato sospeso fino alla fine.

La trama è abbastanza intricata e i rapidissimi passaggi tra i diversi personaggi e le diverse location possono disorientare lo spettatore poco attento.

Fa piacere vedere Krasinski come eroe d’azione, cosa che gli calza a pennello, ma la sua scrittura esula un po’ dal personaggio letterario.

Voto: 8

Colonna sonora

Ramin Djawadi condivide con il suo mentore Hans Zimmer una caratteristica rara da trovare tra i compositori di colonne sonore, ovvero la capacità di essere sempre originali pur mantenendo una propria firma stilistica.

Djawadi, già famoso soprattutto per Game Of Thrones, c’è riuscito anche questa volta. L’uso sapiente degli archi è inconfondibile, ma per Jack Ryan aggiunge sonorità che fanno l’occhiolino al già citato Hans Zimmer in colonne sonore come quella di Dune, quei boati profondissimi e a tratti industriali che stanno segnando la musica per il cinema degli ultimi anni.

Il ritmo è incalzante quando serve, drammatico, ansiogeno. A guardare il pelo nell’uovo, in certi momenti alcune sonorità possono sembrare un po’ dei cliché, ma si tratta davvero di inezie.

Voto: 9,5

Effetti speciali

Tranne alcune scene un po’ posticce, la resa è in media molto buona. Non che sia una serie dove sia necessaria moltissima Cgi, ma quella che c’è non è male, per essere un prodotto per la tv.

Ottime le esplosioni: alla fin fine, uno dei dei produttori esecutivi è pur sempre Micheal Bay.

Voto: 8

Cast

John Krasinki

Era più convincente nelle stagioni precedenti. In questa ha una perenne faccia smunta, monoespressiva. Il che ci starebbe anche, data la drammaticità della stagione, ma così è un po’ troppo.

Voto: 7

Wendell Pierce

Ha carisma da vendere e ruba la scena a Krasinki, complici anche uno screen time molto generoso e alcune tra le migliori interazioni tra i personaggi.

Uno spin-off sul giovane Greer sarebbe una figata.

Voto: 9-

Betty Gabriel

Ottimo innesto alla serie. Si caratterizza per una voce particolare, calda e calma ma al contempo autorevole. Chi la ascolta doppiata non sa cosa si perde.

Voto: 8

Micheal Kelly

È il beniamino del pubblico e non si può non amarlo. Il personaggio è scritto benissimo e interpretato ancor meglio, con quel calore tipico che Kelly è in grado di dare ai suoi personaggi.

Voto: 8,5

James Cosmo

Cosmo è sempre una garanzia e anche in Jack Ryan tira fuori dal cappello un’interpretazione magnifica. L’enigmatico Luka gli riesce alla perfezione, non si è mai davvero sicuri di cosa stia pensando e quali siano i suoi veri piani.

Voto: 9

Peter Guinness

Anche qui siamo su livelli altissimi. Usa la voce come uno strumento: una carezza quando parla alla figlia e un rasoio quando deve dare ordini per ammazzare decine di migliaia di persone. Lo sguardo sornione di chi crede di saperla più di tutti fa il resto.

Voto: 9

Nina Hoss

Ottima la sua presidentessa ceca, un po’ meno nei panni della figlia. Se ci immedesimiamo nel suo personaggio, la sua interpretazione può risultare un po’ troppo fredda rispetto al dramma che passa nel corso della stagione.

Voto: 7

Voto globale al cast ponderato in base al minutaggio: 8,5

Pro

  • ottima regia
  • cast molto buono
  • bellissima colonna sonora

Contro

  • ritmo molto frenetico, per alcuni può risultare eccessivo
  • Jack Ryan un po’ troppo d’azione
  • Cgi migliorabile in alcuni punti

Voto globale: 8,5

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Giacomo Stiffan

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