«Libro e moschetto, fascista perfetto», recitava un vecchio detto del Ventennio. Ma come era fatto un manuale scolastico durante il periodo fascista?
L’età mussoliniana è intrinsecamente pedagogica ed educativa, nel senso più dispregiativo del termine. Verrebbe quasi da definirla come una pedagogia del lavaggio del cervello, che purtroppo aveva inizio proprio sui banchi di scuola. L’idea del regime era infatti quella di occupare le coscienze (e le conoscenze) delle persone, in ogni ambito della vita pubblica e privata.
Senza dilungarsi in una spiegazione dettagliata della scuola e delle riforme che l’hanno stravolta (vi sono manuali seri e dettagliati a riguardo), in questo articolo vediamo insieme come era strutturato un manuale scolastico (purtroppo) degno di questo nome durante il periodo fascista, aiutandoci con dei reperti trovati in qualche mercatino dell’usato.
Il manuale di italiano
Prendiamo l’esempio di un manuale di lingua italiana, ad uso delle scuole medie inferiori (oggi secondaria di primo grado): Antologia italiana per le scuole medie inferiori di Fusco e Arfelli, prima edizione del 1935.
La prima pagina è molto chiara. Recita l’intestazione: LA PAROLA DEL CAPO. Un titolo in stampato maiuscolo, con una lettera firmata dal Duce in persona nella quale, riferendosi alla guerra in Etiopia, promette ai giovanissimi italiani che sarà fatto di tutto perché «il conflitto di carattere coloniale non assuma il carattere e la portata di un conflitto europeo». Il tutto corredato dalla poesia Caesar di Aldo Capasso, tratta dal volume Cantano i Giovani Fascisti.
A intervallare autori più o meno noti, con fini più o meno propagandistici, si trovano addirittura barzellette a sfondo razzista sui coloni (e tanto altro). La parola finale è ancora di Mussolini, che firma una lettera dal titolo LO STATO FASCISTA, scritto sempre a caratteri maiuscoli, con un font decisamente in stile liberty.
Il manuale di lingua… tedesca
Il legame tra nazismo e fascismo è noto a tutti. Era dunque impossibile non prendere in considerazione un manuale di lingua tedesca, Grammatica della Lingua Tedesca, di Bianchi e Grünanger, edito dalla Zanichelli nel 1941 – XIX, ovvero diciannovesimo anno dopo la nascita dello Stato fascista (1922, marcia su Roma).
Tutto sommato sembra un normale manuale di lingua tedesca, ma ben presto ci si accorge della “portata” dei lemmi e delle frasi da tradurre. Frasi come “L’Italia e la Germania sono grandi e potenti”, “La nostra lingua materna è bella” oppure “Tutti i cittadini sono soldati”. Ancora, parole come “onore”, “guerra”, “partito” o “potenza”. Insomma, è chiaro dove da dove si vuole partire e soprattutto dove si vuole arrivare.
Inoltre, tutti i nomi sono italianizzati; ad esempio, Adolfo Hitler (definito “capo supremo del Reich e del Partito Nazionalsocialista”), oppure Giovanni Volfango Ghoete. Guarda caso, Adolfo, insieme a Vittorio, è uno dei nomi più gettonati tra i protagonisti delle frasi da tradurre e imparare!
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Le letture consigliate
Qualsiasi maestra/o di scuola primaria consiglierebbe come lettura ai suoi piccoli alunni L’inventore di sogni di McEwan, qualche viaggio incredibile nato dalla penna di Jules Verne oppure l’eterno Piccolo Principe.
Un giovane balilla di quinta elementare avrebbe invece potuto leggere Il balilla Vittorio, di Roberto Forges Davanzati, del 1931. Salta subito all’occhio la casa editrice: Mondadori, con i tipi dell’Istituto Poligrafico dello Stato – La Libreria dello Stato.
Il romanzo racconta le avventure del piccolo Vittorio (sarà forse lo stesso delle frasi del manuale di tedesco?) che si interfaccia al mondo dell’epoca: un fratello soldato, un viaggio in Romagna (chissà per quale arcano motivo…) e il Campo Dux, cioè una manifestaziona ginnico militare riservata ai migliori giovani di ogni provincia e colonia italiana.
Se qualcuno dovesse avere altro materiale didattico del Ventennio, ce lo faccia sapere, per arricchire questa breve esposizione!