Ankara e Il Cairo duellano a colpi di serie tv. Le musalsalat, fiction arabe che ricordano nello stile le telenovelas sudamericane, sono il nuovo terreno di scontro tra Turchia ed Egitto per l’egemonia culturale del mondo arabo. Divenute sempre più popolari, sono in grado di tenere incollati a uno schermo milioni di telespettatori soprattutto durante il periodo del Ramadan, quando le televisioni locali trasmettono decine di puntate una dopo l’altra e le famiglie si riuniscono nelle proprie case per assistere allo spettacolo, magari dopo aver terminato l’iftar, il pasto che segna la fine del digiuno religioso.
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Intrattenimento made in Middle East, dunque, ma non solo.
Le musalsalat sono veri e propri veicoli di propaganda in mano ai governi arabi che, oltre a temi di interesse sociale e politico, portano sempre più spesso sul piccolo schermo la salvaguardia dell’identità nazionale e la lotta al nemico. È il caso di Egitto e Turchia, già rivali in Libia, soprattutto dopo la decisione di Ankara di inviare truppe in Cirenaica e la conseguente indignazione del Cairo, che ha visto questa mossa come un’intromissione indebita negli affari interni di un Paese vicino e instabile. I due Stati hanno adesso optato per una strategia di soft power: niente eserciti, sarà la cultura a decidere il vincitore.
Nel 2019 la televisione nazionale egiziana ha trasmesso la serie Kingdoms of Fire, con l’intento di denunciare le atrocità della dominazione dell’Egitto da parte dell’Impero ottomano dopo il 1517. La fiction, prodotta dalla saudita Genomedia Studios e trasmessa per la prima volta da MBC, l’emittente più seguita in Medioriente (con sede a Dubai ma controllata dalla monarchia saudita), è diretta dall’inglese Peter Webber e vanta un cast eterogeneo, con attori egiziani, siriani, marocchini e tunisini.
La serie racconta la fine del sultanato Mamelucco, che si estendeva fino al moderno Egitto e all’Arabia Saudita, e la conseguente espansione degli ottomani nelle terre arabe. L’Egitto era governato da Tuman Bay II, interpretato nel telefilm dall’attore egiziano Khaled Nabawy. Quella che la propaganda turca ha sempre descritto come una fase di grande splendore e coesione per il mondo islamico, in Kingdoms of Fire viene invece rappresentata come un “regime sanguinario” e una vera e propria “maledizione”. Lo stesso regime che, secondo il produttore della fiction, il presidente turco Erdogan starebbe tentando di riprodurre con le sue politiche neoimperialiste.
Non si è fatta attendere la reazione di Ankara. Omar Korkmaz, senior advisor dell’ex primo ministro turco Abdullah Gül, ha definito la fiction un attacco non solo alla Turchia ma all’Islam intero. «Dato che la serie turca Ertugrul ha conquistato una grande fama in tutto il mondo, hanno voluto screditarla; basterà leggere un qualsiasi libro di storia per dimostrare che il contenuto della serie è falso». Proprio Ertrugul è stata al centro recentemente di una fatwa, editto che fornisce norme di comportamento religioso ai fedeli musulmani su aspetti di vita quotidiana.
Il Global Fatwa Index dell’egiziana Dar Al-Iftaa (uno dei più antichi enti mediorientali specializzati nell’emissione di fatwa), riguardo la serie ha dichiarato: «Loro [Erdogan e i suoi seguaci, ndr] cercano di far passare ai popoli e alle nazioni islamiche l’idea che loro sono i capi del califfato, interessati ad aiutare i musulmani di tutto il mondo e a essere la loro salvezza dall’oppressione e dall’ingiustizia, rafforzando la legge coranica. Nascondono che l’obiettivo principale di queste campagne neocoloniali sia ottenere guadagni in termini politici e materiali»; secondo la fatwa, inoltre, il presidente turco farebbe qualsiasi cosa per diffondere la sua influenza sul mondo islamico, anche attraverso prodotti artistici e intellettuali.
Dopo anni di egemonia culturale turca, portata avanti con serie TV e produzioni multimilionarie, qualcosa sembra muoversi nello scacchiere mediorientale. Un nuovo attore ha fatto il suo ingresso nel drama geopolitico che da anni va in scena tra le dune dei popoli arabi; dopo secoli di conflitto armato, il copione dello scontro sta assumendo sempre più i contorni di una musalsalat.
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