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Economia

A 90 secondi dalla mezzanotte: l’annuncio dell’orologio dell’apocalisse

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Federica Di Chiara

Quest’anno l’umanità è maggiormente al sicuro o a rischio rispetto a quello precedente? E rispetto agli oltre 75 anni in cui ci siamo posti questa domanda?

Sono questi i quesiti cui il Comitato della Scienza e della Sicurezza del Bulletin of the Atomic Scientists vuole rispondere quando, ogni anno, imposta l’orologio dell’apocalisse. Sulla base del giudizio di scienziati ed esperti fondato sulle minacce all’esistenza umana dovute a fattore umano, rischio nucleare, cambiamento climatico e tecnologie emergenti, le lancette possono essere di volta in volta avvicinate o allontanate dall’ora X. Sin dall’anno della sua istituzione nel 1947, l’orologio dell’apocalisse ha raggiunto la sua distanza minima dalla mezzanotte nel 2020, a soli 100 secondi. E nonostante la speranza fosse quella di riuscire a tornare indietro per poter contare almeno i minuti, quest’anno l’Orologio ha raggiunto i suoi minimi storici ponendo le sue lancette a 90 secondi dall’apocalisse. Un’apocalisse certamente metaforica, ma incalzata da eventi indiscutibilmente concreti.

I rischi maggiori secondo i membri del comitato della scienza e della sicurezza sono dovuti principalmente a guerre e armi nucleari, minacce biologiche e crisi climatica. Di seguito i punti salienti dell’annuncio del 24 gennaio.

L’annuncio del 24 gennaio 2023. Da sinistra verso destra: Siegfried S. Hecker, Daniel Holz, Sharon Squassoni, Mary Robinson ed Elbegdorj Tsakhia. Foto: Jamie Christiani/Bulletin of the Atomic Scientists.

Guerre e armi nucleari

La prima minaccia all’esistenza dell’umanità è data dal proseguimento del conflitto in Ucraina, tormentato e inasprito dallo spettro di una guerra nucleare. Il tutto potrebbe agevolmente sfuggire di mano, considerando che vi è un unico patto bilaterale fra USA e Russia ancora in vigore in materia di disarmo nucleare e che – fatta salva una difficile rinegoziazione – scadrà il 4 febbraio 2026 (New START Treaty).

Steve Fetter sostiene, inoltre, che la tecnologia giochi un ruolo importante nel conflitto, a partire dalle armi high-tech statunitensi fino a quelle più semplici, come i droni, le immagini satellitari che hanno messo a disposizione dell’Ucraina importanti informazioni riguardo i movimenti delle truppe russe e gli attacchi informatici.

A preoccupare gli esperti vi sono anche l’espansione e l’ammodernamento dell’arsenale nucleare di diversi Paesi. È il caso dalla Corea del Nord, la quale l’anno scorso ha lanciato il maggior numero di missili mai registrato, inclusi un ICBM di ultima generazione e un test balistico sul Giappone. È anche il caso della Cina, che sta espandendo il proprio arsenale nucleare, e di Stati Uniti e Russia che, con i loro programmi di ammodernamento delle armi nucleari, rendono il rischio di una catastrofe atomica più verosimile che mai.

Leggi anche: Stato dell’Unione: guerra, crisi energetica e solidarietà Ue.

Minacce biologiche

Suzet McKinney afferma che una pandemia non può più considerarsi un evento raro, poiché si verifica una volta ogni secolo. Ad aumentare, in particolare, sarebbero le malattie di origine animale trasmesse all’uomo che non siamo in grado di prevedere. Ma non solo: gli incidenti di laboratorio dovuti al fattore umano accadono di frequente, aumentando le probabilità che si verifichi una pandemia.

Sul fronte internazionale, Russia, Corea del Nord e Iran continuano a mantenere in vita i programmi relativi alle armi biologiche con il rischio di poterle utilizzare per scopi offensivi. Per prevenire tutto questo, l’esperta invita ad aumentare gli investimenti sulla salute pubblica, sui sistemi di sorveglianza e sulla condivisione dei dati al fine della cooperazione e della prevenzione, oltre a eliminare le armi biologiche in ogni Paese.

Crisi climatica

Per quanto possa non sembrare correlato, la guerra tra Russia e Ucraina ha avuto un enorme impatto anche sulla crisi climatica: Sivan Kartha ci fa notare come il conflitto abbia fatto aumentare gli investimenti su petrolio e gas naturale da parte dei Paesi strettamente dipendenti dalla fornitura russa, con l’obiettivo di diversificarne la provenienza, invece di ridurli. Sarebbero quindi aumentate le emissioni di anidride carbonica dovute all’uso di combustibili fossili.

Inoltre, il cambiamento climatico ha avuto conseguenze disastrose nell’Africa occidentale, brutalmente colpita da diverse, letali inondazioni. Per quel che riguarda Europa centrale, Nord America e Cina il prezzo del cibo è aumentato non solo a causa della Guerra tra Russia e Ucraina, ma anche a causa della carenza di acqua verificatasi la scorsa estate.

Rispetto al passato, le minacce si presentano come più acute e interconnesse, aggravate dalla mancanza di una «leadership etica e coraggiosa», capace di focalizzarsi sui veri interessi di lungo termine dell’umanità.

Leggi anche: Crisi climatica e ricchezza.

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Federica Di Chiara

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