Decisamente un altro tipo di rap quello del poliziotto senza volto e senza nome che sta spopolando sui social. UNO SBIRRO QUALUNQUE, questo è il suo nome d’arte, canta da sotto la sua uniforme della Polizia di Stato messaggi di legalità e di rispetto verso la legge.
Oggi theWise Magazine ha incontrato UNO SBIRRO QUALUNQUE per voi.
Perché hai deciso di intraprendere questa carriera parallela al servizio nella Polizia di Stato? Quali sono i tuoi obiettivi?
«Definirla carriera per ora mi sembra esagerato. Sto solamente cercando di portare avanti un progetto che mira a sensibilizzare il pensiero dei giovani, i quali al giorno d’oggi, purtroppo, sono bombardati da cattivi esempi da seguire.
Il mio obiettivo sono far capire che il giusto sacrificio ripaga sempre, che non bisogna mai arrendersi e che, se anche si parte da una determinata situazione, si può sempre migliorare senza dover ricorrere a scorciatoie stupide e sbagliate. Inoltre, voglio dire che per fare buona musica non bisogna per forza essere o apparire come un criminale».
Il tuo dissing a Niko Pandetta ha avuto grande risalto. Il tuo modo di fare rap è totalmente diverso, quasi opposto viene da dire, alla norma. Quali sono i temi delle tue canzoni?
«Beh, diciamo che il mio rap è completamente controcorrente ed è proprio questa la sua forza. Per lo più cerco di trattare argomenti sociali importanti e di far capire di cosa tratta il nostro lavoro di poliziotti, al di là di ciò che si crede.
Ovviamente provo a non limitarmi solo a questi argomenti, per non rischiare di annoiare l’ascoltatore, ma propongo anche brani più leggeri, scherzosi e che magari parlino di me stesso o di un amore».
Purtroppo è insolito vedere le uniformi (qualsiasi esse siano) così vicine alla sensibilità dei giovani. Sei d’accordo? Come si potrebbe migliorare la percezione che i giovani hanno verso le Forze dell’Ordine?
«Purtroppo sono d’accordo. Le Forze dell’Ordine dovrebbero essere un punto di riferimento per i giovani e al giorno d’oggi non è così, almeno per la stragrande maggioranza di loro. Credo che il tutto si possa migliorare semplicemente ascoltandoli di più e soprattutto parlando la loro lingua, semplice e concreta».
E gli adulti? Pensi ci sia qualche “irrisolto”?
«Assolutamente sì. Credo che anche loro possano essere “aiutati”. Il problema sorge quando questi ultimi, però, nonostante si presuppone abbiano una maturità tale da capire determinate situazioni, agiscono come se avessero dei paraocchi, senza mai farsi un esame di coscienza. Che, invece, spesso può essere molto utile».
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Credi che le tue canzoni possano aiutare chi le ascolta? Come?
«Ne sono sicuro. Ho già ricevuto tantissimi messaggi nei quali mi si ringraziava per aver fatto capire la giusta strada da intraprendere o comunque, come dicevo prima, che il sacrificio ripaga. La cosa stupenda è che questo genere di messaggi mi sono arrivati da persone di ogni età. Per me è già un traguardo indescrivibile».
Stai raggiungendo i tuoi scopi? Fino a quando andrai avanti?
«Per ora sì, ma siamo ancora all’inizio! Miro ad arrivare a più persone possibili, in modo tale da poter essere molto più d’aiuto. Mi piace l’idea di diventare un vero e proprio punto di riferimento per chi mi segue, come d’altronde in parte sta già accadendo, rendendomi davvero fiero e orgoglioso di ciò che sto creando».
Cosa non dovrebbe mai mancare a un buon poliziotto?
«Passione, senso del dovere, rispetto e professionalità».
Lasciatelo chiedere. Qualcuno conosce la tua identità?
«A conoscerla sono davvero in pochi: i miei amici più intimi, qualche collega che mi ha riconosciuto perché più che colleghi siamo amici e qualche superiore… che ovviamente era tenuto a sapere!».
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Lascia il tuo messaggio ai giovani.
«Non lasciatevi trasportare da ciò che trovate di sbagliato attorno a voi, siate la parte migliore di voi stessi e lavorate su di essa. Non permettete mai a nessuno di tarparvi le ali, fissatevi obiettivi e raggiungeteli contro tutto e tutti. Siate positivi!».