Che cosa c’è di più terribile che essere un bambino, a scuola, in una stanza vuota di suono con una maestra che parla e parla e parla… e quando ti viene vicino si aspetta che tu abbia capito le sue parole?
Che cosa c’è di più terribile che vedere qualcuno gridare, qualcuno che è solo convinto di aiutarti a sentire? O interpretare male le parole di un amico che non vuole far altro che aiutarti a capire, mentre tu credi che voglia prenderti in giro? Devi essere sordo per capire.
Che cosa c’è di più terribile che essere sordo e solo in compagnia di quelli che possono sentire e tu non puoi far altro che tirare ad indovinare mentre si cammina, perché non c’è nessuno che ti tenda una mano mentre tu cerchi di destreggiarti tra le parole e i suoni? Devi essere sordo per capire.
Cosa c’è di più terribile che incontrare per strada uno sconosciuto che all’improvviso apre la bocca per chiederti qualcosa, le parole corrono veloci sulle sue labbra e tu non riesci a capire nulla, perché lui non sa che tu ti sei smarrito a rincorrere la sua voce? Devi essere sordo per capire…
Alcune strofe di una poesia di William J. Madsen
Bisogna innanzitutto ricordare che la lettura labiale può fungere da supporto alla comprensione, ma non è una modalità infallibile: dipende da tante variabili personali, dal contesto e dall’ambiente. Anche se l’interlocutore parla in modo lento e chiaro, le persone sorde riescono a captare solo una parte delle parole pronunciate.
Il restante contenuto del discorso va indovinato, intuito, il che può portare a fraintendimenti. La lettura labiale è molto stancante e non è una modalità adatta a discorsi troppo lunghi e/o complessi.
Per una comunicazione efficace con una persona sorda, è necessario osservare la modalità di comunicazione preferita della persona stessa. Se, ad esempio, preferisce continuare il discorso per iscritto, si accolga questa richiesta. È possibile scrivere su un foglio o sul cellulare, oppure usare la trascrizione automatica dei dispositivi digitali.
Di seguito, una piccola guida al fine di assicurare una comunicazione quanto più possibile efficace tra una persona udente e una sorda, come si può leggere sul sito dell’Ente Nazionale Sordi.
Prima di iniziare a parlare, è bene assicurarsi di avere il viso ben visibile: per richiamare l’attenzione si può agitare la mano o toccare dolcemente sulle spalle la persona . Una buona comunicazione necessita di una corretta distanza, ovvero non superiore al metro e mezzo, per consentire la lettura del labiale.
Mentre si parla, è bene non scuotere troppo la testa o non voltarsi per fare altro, parlando distintamente ma senza esagerare, avendo cura di non accentuare né alterare la pronuncia, con una velocità del discorso moderata. Inoltre va ricordato di non urlare: può essere fastidioso per chi ha le protesi e apparire aggressivo!
Ancora, è meglio evitare frasi troppo lunghe. Ci si può accompagnare con espressioni del viso e gesti, senza dimenticare che in caso di difficoltà, come parole straniere, nomi propri o termini tecnici, si può sempre scrivere. La regola principale però è quella di essere paziente e non essere frettolosi, senza chiudere il discorso con un «non importa» alle prime difficoltà.
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La semplice presenza di un alunno sordo o ipoacusico (per sordità si intende la completa assenza dell’udito in uno o in entrambe le orecchie; ipoacusia indica invece la diminuzione dell’udito in una o entrambe le orecchie) in una classe di udenti non è sinonimo di inclusione. La necessità comune è quella di comunicare. Occorre prima di tutto organizzare l’ambiente in modo opportuno e favorevole all’apprendimento del bambino sordo.
Fondamentale è la presenza di una stanza ben illuminata con la disposizione dei banchi a semicerchio, per potersi vedere il più possibile in faccia. Anche l’insegnante deve essere ben visibile e dovrebbe ricordarsi di non voltare mai le spalle, parlando alla classe.
Una grande attenzione è da porre ai suoni e ai rumori presenti: evitare quindi il più possibile rumori di fondo e parlare chiaramente con ritmo regolare. Ancora, far rispettare i turni e i tempi conversazionali, evitando sovrapposizioni, segnalando sempre chi sta parlando per favorire il contatto visivo, riassumendo o traducendo se necessario quanto detto.
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Per attivare logiche inclusive efficaci è necessario avvalersi di metodologie, strategie e strumenti innovativi che superino il metodo di insegnamento tradizionale, a favore di un approccio nuovo e multidisciplinare.
Cercare dunque di evitare il più possibile la lezione frontale e l’interrogazione. Queste, per quanto utilizzate nel sistema scolastico italiano, non tengono conto dei bisogni e dei limiti degli alunni sordi, i quali troppo spesso si trovano nelle condizioni di dover faticare parecchio e, a volte, di sentirsi letteralmente emarginati dalla classe.
Un primo passo importantissimo è che insegnanti e alunni imparino la lingua dei segni italiana (LIS), la quale, sfruttando il canale visivo tramite gesti, viene acquisita dai sordi in maniera spontanea e aiuta l’apprendimento della lingua parlata e scritta e garantisce inclusione e scambio reciproco fra sordi e udenti.
Risulta però importante anche sviluppare, laddove possibile, la componente orale. Un metodo utile è il bilinguismo, che integra LIS e lingua parlata come prima e seconda lingua. Per il bambino sordo la LIS rappresenta la prima lingua e il linguaggio verbale la seconda; per il bambino udente, invece, è il contrario. Questo “incontro” può dunque diventare un’occasione per imparare e scambiare qualcosa con l’altro in modo bidirezionale.
Il grande lavoro da parte degli insegnanti è programmare la lezione, in modo congiunto con i docenti di sostegno e gli assistenti alla comunicazione. Di fondamentale importanza è tener conto della situazione specifica del bambino sordo/ipoacusico, relativamente alle competenze cognitive, culturali e linguistiche.
Per favorire la fruibilità delle lezioni è consigliabile integrare le spiegazioni sfruttando la vista e il tatto (tramite oggetti reali, mappe, foto, immagini) e anticipare, quando possibile, gli argomenti che verranno trattati in classe. Ancora, è importante il lavoro in piccoli gruppi, prevendendo anche momenti in cui coinvolgere tutta la classe con progetti specifici sulla LIS se lo studente è segnante.
Da non sottovalutare, ai tempi odierni, la componente informatica e tecnologica. Gli alunni e i docenti possono usufruire di dizionari multimediali (anche italiano-LIS), app, strumenti per il riconoscimento vocale, software e in generale tecnologie che permettono di trasformare l’audio in video.
Vi sono due grandi categorie: quella specifica per la sordità e quella per la didattica in generale. La prima fa riferimento a strumenti come il sistema FM – Modulazione di Frequenza, ovvero una forma di trasmissione radio che comunica con tecnologia wireless. Chi parla indossa un microfono trasmettitore che rileva i suoni del parlato: tramite onde radio o Wi-Fi, vengono inviati a un ricevitore collegato all’impianto cocleare e/o protesi acustica del bambino, che migliora la recezione, modulando le frequenze o riducendo i rumori di fondo.
Nel secondo rientrano tutti quei software e tutti quei dispositivi che facilitano l’apprendimento degli studenti, disabili e non, come ad esempio la LIM, la lavagna interattiva multimediale, che rinforza le spiegazioni del docente attraverso il canale visivo, oppure i vari programmi di video-scrittura.
Attenzione deve essere data anche al momento valutativo dell’alunno sordo. Per quanto riguarda le verifiche, si dovrebbero preferire questionari a risposta multipla, tenendo presente che l’assistente alla comunicazione è il ponte comunicativo che con i sordi segnanti può accertarsi dell’avvenuta comprensione dei concetti.
In conclusione, è possibile affermare che non esiste uno schema unico e corretto per ogni situazione. L’idea è quella di migliorare quanto più possibile la situazione di apprendimento di ciascuno, basandosi su un’equipe collaborativa e specializzata, formata da tutte le figure che ruotano intorno allo studente sordo o ipoacusico.
Ileano Bondi
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