“L’episodio del centro commerciale? Un’esperienza orribile. Il mio intervento è stato dettato dallo spirito di sopravvivenza e protezione verso la mia famiglia. Ho approfittato di un momento di difficoltà di questa persona, l’istinto mi ha detto di provare a disarmarlo. Fortunatamente lui non ha mai reagito e questo è stato positivo, non sono mai dovuto entrare in contatto diretto con lui ma sono stati brutti secondi, l’istinto mi ha suggerito di fare qualcosa e gli ho tolto il coltello. Dopo qualche secondo ci siamo resi conto dei danni che aveva fatto, purtroppo una persona ha perso la vita e ci sono stati 5 feriti. Io tra i 50 più amati a Napoli? Potevo essere anche il numero 1000, sarebbe stato un onore comunque vestire la maglia del Napoli. Marcatura a uomo o zona? Conta molto la copertura dei centrali su certi spazi. Poi una volta che l’attaccante entra a quel punto si deve marcare a uomo”, queste le dichiarazioni dell’ex calciatore azzurro Massimo Tarantino alla trasmissione Legends – Ci vediamo a Napoli, produzione cura Nexting, in onda su Napflix (canale 116) e Canale 8 (numero 14 sul telecomando) ogni giovedì alle ore 21:00.
Tarantino ha poi parlato del match di Champions e della cultura dei giovani: “Ieri mi sono piaciuti molto i difensori centrali ma Kim, indipendentemente dalla gara di ieri, sta mostrando uno spirito di adattamento incredibile. Altissimo livello per ora, ha sostituito Koulibaly in maniera egregia. Guardiola apprezza il Napoli perché somiglia molto alla sua filosofia di gioco, riconosce nel Napoli un po’ dei suoi concetti. La scuola di allenatori italiani è ancora grande, poi anche la capacità dei dirigenti delle tre squadre italiane in Champions conta. La difficoltà nel calcio italiano più che altro sta nella complicazione della costruzione di talenti. Tra le squadre che giocano il calcio migliore in Europa c’è sicuramente il Napoli. Settori giovanili? Ho lavorato in quest’ambito al Bologna e alla Roma, dove c’è una grande cultura in tal senso. Mi fu chiesto di creare un progetto nel quale il ragazzo era al centro di esso. Il risultato era la logica conseguenza del lavoro, non era il fine ma il mezzo. Si cercava di comprendere le esigenze dei bambini con istruttori abituati a lavorare con loro, la partita era solo uno strumento di valutazione, una sorta di compito in classe. Oggi la Roma può vantare 4-5 giocatori del settore giovanile fissi in prima squadra. Bisogna che questa squadra venga percorsa da tutti, abbiamo bisogno di ritrovare talenti e di riportare italiani nelle prime squadre. Non solo i nostri giocatori fanno fatica nelle prime squadre ma anche nel campionato Primavera”.
Infine, su Diego: “Maradona? Ho avuto l’onore di conoscerlo nel 1989 quando arrivai in azzurro, avevo 18 anni e fui catapultato in questo mondo di alieni. Per me era impossibile non volere bene a Diego, nessun compagno potrebbe mai non volergli bene. Era generoso e si prendeva cura di tutti, anche dei più piccoli. Una volta Diego si batté per me e per Zola affinché potessimo avere dei premi partita. Il carisma di Diego era incredibile, a forza di stare insieme a lui diventavi bravo, trasformava tutti. Boskov? Durante un Napoli-Lazio stavamo perdendo ma ci disse nell’intervallo di continuare così, l’allenatore dei portieri gli chiese perché e lui disse che non voleva sparare sul morto. Poi quella partita l’abbiamo vinta 3-2. L’Eintracht per quello che è successo ieri potrebbe avere responsabilità oggettiva, alcuni magari erano gruppi di tifosi organizzati, altri no. Anche a Roma ricordo di gente che aveva distrutto mezza città”.