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Curiosità

L’aerospazio con Astec e Marilisa Pischedda, ingegnera aerospaziale

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A cura della redazione

Quando si parla di aerospazio, la mente va subito alla Nasa: eppure, si può parlare di questa disciplina anche rimanendo in Italia. Avvicinare le persone al mondo dell’Aerospazio è la mission con cui Marilisa Pischedda, ingegnera aerospaziale del Politecnico di Torino ha fondato Astec: AeroSpace Tecnology Education Center, in italiano Centro di Educazione alle Tecnologie Aerospaziali.

«C’è tanta non-conoscenza», ci dice Marilisa. «Le persone credono che chi si laurea in ingegneria aerospaziale o si occupa di aerospazio sia un supereroe. Con Astec ho deciso di combinare la mia passione con un intento divulgativo: voglio rendere più accessibile l’aerospazio, impegnandomi anche per ridurre il gender gap nelle materie stem. Ritengo che sia necessario far provare concretamente ai ragazzi e alle ragazze quali siano le competenze utili per lavorare in questo settore e, allo stesso tempo, far conoscere alle loro famiglie quali siano le possibilità e gli sbocchi lavorativi, anche senza partire per l’America».

Marilisa Pischedda. Foto per gentile concessione dell’intervistata.

Astec: Centro di Educazione alle Tecnologie Aerospaziali

In piena pandemia, Marilisa Pischedda ha lanciato questo progetto aprendo una semplice pagina Facebook dedicata all’aerospazio. «Il primo post che ho fatto è stato sulle attività extraveicolari, ovvero su ciò che gli astronauti fanno nello spazio all’esterno della navicella. L’ho scritto con parole comprensibili a tutti, trasformando concetti scientifici complessi in argomenti comprensibili: questa è la linea con cui poi è stato sviluppato il progetto di Astec.

Dopo l’ingresso sui social, ho deciso di aprire un sito dedicato, in cui ho inserito un blog divulgativo, aggiornato con notizie riguardanti nuove tecnologie e curiosità sulle attività lavorative inerenti all’aerospazio. Solo successivamente il Centro di Educazione alle Tecnologie Aerospaziali ha messo a disposizione proposte formative per gli studenti».

Nel suo trascorso lavorativo, Marilisa è stata anche insegnante d’informatica presso un Istituto Aeronautico. «In quegli anni ho visto troppi alunni non appassionarsi alle materie che studiano, avere una bassa autostima e perdere di motivazione non solo per lo studio, ma anche per il loro futuro. Io penso che i ragazzi abbiano bisogno di essere trasportati dalla passione per riuscire ad apprendere bene. Gli insegnanti sono certamente il primo riferimento, ma anche gli strumenti utilizzati possono fare la differenza. Per questo motivo abbiamo deciso di lanciare un’offerta laboratoriale dedicata al mondo della scuola».

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Laboratori di Aerospazio nelle scuole

La struttura dei laboratori offerti da Astec è piuttosto semplice, ma al contempo innovativa: «Abbiamo preso il tema dell’aerospazio e l’abbiamo declinato in attività cooperative con la finalità di sviluppare e potenziare le materie stem nelle scuole.

A tal proposito, abbiamo sviluppato una piattaforma multimediale interattiva dove carichiamo i videocorsi che i ragazzi possono seguire insieme agli insegnanti. Qui è anche possibile verificare le conoscenze appena acquisite attraverso semplici test. La parte innovativa della piattaforma è quella dei pannelli di progettazione: proprio come in un vero centro di ricerca aerospaziale, gli studenti possono fare ipotesi e sperimenti, settando le scelte di progettazione».

Il primo percorso a prendere vita è stato quello per le scuole secondarie di secondo grado: il loro obiettivo di progetto è la costruzione di un drone realmente funzionante. Ora l’offerta laboratoriale è estesa a tutti i gradi di scuola: nella secondaria di primo grado progettano un rover, mentre alla primaria un razzo.

«I ragazzi decideranno in autonomia i parametri relativi al loro progetto: per esempio, possono stabilire il tipo di missione e i materiali da utilizzare. In questo modo, potranno applicare le conoscenze scientifiche e capirne l’utilità. La nostra progettazione guidata di un sistema aerospaziale fa sì che sviluppino competenze stem in una logica di learning-by-doing.

Il premio finale per le classi è un kit didattico da assemblare. Infatti, Astec invierà a scuola tutti i componenti che i ragazzi hanno progettato attraverso i pannelli e con il Cad interattivo messo a disposizione: potranno così toccare con mano l’applicazione pratica delle nozioni di coding, matematica e fisica necessarie alla buona riuscita dei modellini.

La nostra offerta laboratoriale è ben accolta da scuole di ogni ordine e grado, non sono solo dai licei scientifici. Infatti, la trasversalità della proposta fa sì che i ragazzi sviluppino soft skills e competenze inclusive».

Marilisa Pischedda. Foto per gentile concessione dell’intervistata.

Discipline stem e gender gap

Oltre a questo, sono lanciate challenge per ogni grado scolastico. Tra gli altri, in occasione dell’8 marzo, è stato proposto un concorso per promuovere una maggiore partecipazione femminile in ambito stem: «Chiediamo alle ragazze di raccontare sogni e ambizioni, oppure come una donna particolare le ispiri in ambito stem. Lasciamo aperta la possibilità di utilizzare il canale comunicativo che preferiscono. Le prime tre classificate ricevono in premio una formazione di Aster e la partecipazione come oratrici al grande evento online “Polvere di stem from girls”, che teniamo ogni primavera.

Non parliamo apertamente di gender gap, ma ci impegniamo a fronteggiarlo organizzando un panel di sole donne dalle grandi competenze e risonanza: solitamente è un evento molto toccante anche per le relatrici stesse.

Infine, facciamo incontri divulgativi o di orientamento per illustrare quali possano essere le possibilità lavorative: supportiamo i ragazzi nella scoperta dei percorsi di studio che permettano loro di entrare nel settore dell’aerospazio, non necessariamente ingegneria».

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Nello studio delle materie stem e in ingegneria aerospaziale in particolare, la disparità di genere è ancora molto sentita, non solo in termini di numero: «Quando ho frequentato io l’Università, su cento iscritti eravamo meno di dieci donne. L’impatto è forte: soprattutto quando osservi la diversità negli atteggiamenti. A parità di prestazione ho dovuto faticare molto di più dei miei compagni per dimostrare il mio valore. Anche a livello salariale c’è ancora grande disparità: bisogna continuare a parlarne e a dare esempi positivi per scardinare una cultura fortemente maschilista, spesso anche sostenuta, più o meno inconsapevolmente, dalle donne stesse che tendono ad autosabotarsi dicendo: “È una cosa da uomini”. Io faccio una piccola parte con “Polvere di stem” e chiedendo di chiamarmi ingegnera: la lingua è uno strumento fortissimo. Non posso sostenere quegli stereotipi culturali per cui mio marito è l’ingegnere e io sono la signora».

Francesca Lò

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