Nel 2009 una giovane scrittrice messicana di ventotto anni pubblicava il primo romanzo della sua carriera. Quella ragazza è Brenda Lozano: con il suo linguaggio ha conquistato un posto fra i più importanti nuovi autori dell’America Latina e nel 2020 ha dato una storia alle streghe della sua terra natale.
Dopo l’esordio con Todo Nada del 2009, Brenda Lozano pubblica un altro romanzo nel 2014, Cuaderno Ideal, e una raccolta di racconti intitolata Cómo piensan las piedras (2017). Lo stesso anno, grazie alla raccolta, entra a far parte del gruppo Bogotà39, una selezione degli autori latinoamericani con meno di quarant’anni più rilevanti.
Nella versione inglese, dal titolo Loop, il suo secondo romanzo conquista il PEN Award per la traduzione, meritando un posto su giornali come The Guardian e The New York Times.
In Italia è Brujas il primo libro ad arrivare, edito da Alter Ego Edizioni, sotto il titolo di Streghe e con l’accurata traduzione di Giulia Zavagna. Pubblicato la prima volta nel 2020, giunge ai lettori italiani nel maggio 2021. E da pochi mesi la casa editrice nostrana ha curato anche la versione italiana di Quaderno Ideale, affermando quindi di voler dedicare più spazio a Brenda Lozano e alla sua penna coraggiosa e fresca.
Questa recensione è dedicata a Streghe, l’ultima produzione in ordine cronologico. Il romanzo forse più aderente alla realtà contemporanea, per quanto i viaggi sulla linea del tempo siano numerosi.
La narrazione si snoda seguendo i ricordi e i racconti delle due protagoniste: Feliciana e Zoè.
La prima è la curandera più famosa di tutto il Messico, la seconda una giornalista incaricata di intervistarla a seguito di un omicidio. La donna ha una grande esperienza e deve al misticismo molta della propria saggezza; la ragazza è incentrata sul presente, su una vita da costruire giorno per giorno. Zoè non vorrebbe credere alle magie e ai rituali, lei che cerca il concreto, che scrive cronaca e vive nella città. Ma Feliciana ha un fascino e una conoscenza che vanno oltre la realtà.
Perché Feliciana ha il Libro.
Senza aver mai studiato o imparato a scrivere, Feliciana sa leggere, in un Libro che non esiste agli occhi degli altri. È il Libro della conoscenza divina, è il Libro scritto sulla pelle della gente che, in fila, va a trovarla per conoscere il presente e agire nel futuro.
È una curandera. Attraverso i rituali che ha imparato da Paloma, quando era ancora un uomo di nome Gaspar, può guarire le «malattie sepolte nell’anima» con l’aiuto dei funghi e del Linguaggio. Anche se in un primo momento Zoè desidera solo intervistarla per sapere come è morta Paloma, si trova poi a ripercorrere il proprio passato familiare con gli occhi del Libro.
Attorno alle due donne fioriscono e si sviluppano diversi altri personaggi, protagonisti a loro modo di una narrazione quasi corale. Sono le famiglie, gli amici e i compagni di Zoè e Feliciana.
Tutte le loro vite sono intrecciate tra loro, ma nessun personaggio diventa satellite delle protagoniste. Ognuno ha la sua storia particolare, occupa uno spazio e un tempo ben preciso.
Il lettore è spettatore casuale del racconto di Zoè, che parla con nostalgico affetto del padre e della madre. Si perde a riflettere sul significato delle azioni di sua sorella Leandra. Sembra quasi un diario, quello della ragazza.
Ci si dimentica della presenza dell’altra donna, della curandera che invece è il destinatario diretto di queste rivelazioni.
Se da un lato Zoè ricostruisce avvenimenti del passato con cura e coerenza, all’altro capo della conversazione Feliciana si lancia in un appassionato e vorticoso flusso di coscienza.
Lozano ha dosato con sapienza il chiasmo creato dal linguaggio delle sue streghe. Feliciana non conosce punteggiatura e pause, sta parlando apertamente, come se fosse una voce registrata su nastro. Recupera e ripete frasi o interi archi narrativi se lo ritiene necessario, come a voler ribadire e mettere il risalto alcuni avvenimenti. Mette l’accento sulle sue emozioni.
La scelta stilistica acquisisce poi un’altra sfumatura. La curandera non conosce lo spagnolo, ma l’autrice ha trovato un espediente per tradurre senza tradurre la lingua-madre di Feliciana.
La saggia e anziana strega racconta di essere stata la prima donna a entrare in contatto con il Libro e con il linguaggio. Prima di lei nella sua famiglia solo gli uomini possedevano questa abilità.
Però qualcuno, quando Feliciana era ancora una bambina, sapeva già che per lei sarebbe stato diverso. Quella persona è Gaspar. La chiave per aprire il libro della narrazione.
Gaspar è un uomo che «perde le piume», perché vuole diventare donna. Un curandero che da un momento in poi sceglie di farsi chiamare Paloma e di amare gli uomini. Nella lingua di Feliciana è muxe. E la sua scelta la porterà a essere felice, ma anche a farsi uccidere.
Attorno a questo personaggio ruota lo svolgimento della trama. Zoè si reca da Feliciana per indagare sull’omicidio di Paloma, Feliciana diventa curatrice grazie agli insegnamenti di Gaspar.
A tenere tutto ben saldo è il Linguaggio, che per Lozano è una sublimazione della conversazione tra streghe. In una mistica dimensione la giovane ragazza di Città del Messico dialoga sia con Paloma-Gaspar che con Feliciana la guaritrice. Le loro storie sono diverse e le loro vite si svolgono in momenti diversi, ma sono condivise. Si comprendono, si ascoltano nel profondo, provano compassione e talvolta un moto di ribellione incontenibile. Questa è sorellanza.
Quello di Brenda Lozano è un femminismo che non ha bisogno di gridare per farsi notare, un femminismo nel senso più concreto e limpido del termine. È una lotta senza sosta che mira all’empatia tra esseri umani.
Una lotta che entra nella pelle e nella storia di ogni personaggio, senza nascondere le dolorose ferite dei momenti più crudi o delle scelte più complicate.
In Streghe ciascun personaggio è toccato dal femminismo. C’è chi lo vive indossandolo sulla pelle e chi lo vorrebbe violare. Ma Feliciana, Zoè, Paloma, Leandra e molte altre, molti altri, resistono. Continuano a lottare, parlando il linguaggio delle streghe.
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