Una psicologa esperta nell’elaborazione delle ferite emotive illustra l’impatto che i traumi dell’infanzia hanno sulla vita e sulle relazioni adulte.
Cosa c’entra la nostra infanzia con i sentimenti che proviamo da adulti? Secondo Marta Segrelles, psicologa che ha appena dato alle stampe un nuovo libro, Abraza a la niña que fuiste (Bruguera, 2023), c’entra moltissimo. Le esperienze vissute in quegli anni della nostra vita possono essere legate a diverse forme di disagio. La buona notizia è che certe ferite sono ancora guaribili e, quindi, possiamo smettere di portarcele dietro nel nostro presente.
Segrelles è una psicologa esperta in terapia integrativa con approccio umanistico e nell’elaborazione delle ferite emotive. Si occupa di guidare percorsi terapeutici individuali e di gruppo, formare professionisti dell’educazione e della salute mentale e diffondere il suo apprendimento sui social network. Come spiega il titolo del suo ultimo saggio, abbiamo tutti un bambino interiore che dobbiamo abbracciare.
Gli strascichi dell’infanzia nell’età adulta nel bene e nel male
È probabile che alcuni, per le ferite che portano dalle esperienze dell’infanzia o dell’adolescenza, abbiano bisogno di un abbraccio più di altri. In altre parole, tutti abbiamo bisogno di quell’abbraccio, di essere compassionevoli verso noi stessi, di trattarci in modo gentile, ma è vero che le esperienze che abbiamo avuto possono averci influenzato in un modo o nell’altro ed è probabile che questo abbraccio è più atteso in base alle esperienze che abbiamo vissuto in passato.
Secondo Segrelles, molte delle nostre esperienze, nel momento in cui si sono verificate, non hanno potuto essere elaborate e quindi sono state lasciate fuori dalla nostra storia. Forse non le ricordiamo, ma quando meno ce lo aspettiamo riappaiono, perché non le cancelliamo, ma restano presenti in altre forme: credenze, pensieri o sensazioni. Tutte le esperienze che non sono state in grado di integrarsi nel nostro vissuto prima o poi tornano a galla. Ogni persona cresce e supera delle tappe, ma c’è sempre qualcosa che resta lì sotto, come chiuso in una porta che non vogliamo aprire. Il punto è che a volte abbiamo bisogno di farlo per andare avanti.
Da bambini necessitiamo degli adulti per sopravvivere: è così che si attiva quel sistema di attaccamento che ci fa cercare conforto, guida, sostegno in una figura di riferimento. Ma se le persone che ci devono accompagnare in quella fase si rivelano per qualsiasi motivo inadeguate, si attiverà un altro sistema che ci porterà a volerne stare lontani. È fonte di grande confusione, quando siamo piccoli, che la persona che deve prendersi cura di noi ci critichi per il nostro modo di essere, ci chieda sempre di essere diversi, ci faccia una brutta faccia, non ci capisca, non ci ascolti. Certi comportamenti vengono interiorizzati, e il risultato è che il modo in cui trattiamo noi stessi è il risultato diretto di come ci hanno trattato da piccoli.
Alla fine ogni trauma ha a che fare con le ferite che si sono verificate all’interno di una relazione. Il problema non è tanto quello che è successo, ma quello che è mancato nella nostra infanzia. Ad esempio, l’assenza di un affetto o una guida. È possibile guarire le ferite anche se è passato tanto tempo? Secondo Segrelles, sì. Guarire comporta tornare indietro, dare senso a quelle esperienze vitali che, a volte, sono rimaste incomprese o inespresse. Non è facile, ma ne vale sicuramente la pena.