Siamo soli nell’universo? E’ la domanda delle domande. Ora prova a rispondere la scienza: frammenti alieni sarebbero presenti su un meteorite atterrato sulla Terra.
Chi ci crede, spesso viene bollato come matto. Ma, in fondo, la domanda è semplice: perché dovremmo essere soli nell’universo? Credere agli alieni e, comunque, a ulteriori forme di vita nell’universo non significa essere delle persone che credono a cose folli e antiscientifiche. Anche perché oggi una conferma ci arriva proprio dalla scienza.
Da sempre gli scienziati, peraltro, sono alla ricerca di tracce extraterrestri alle origini del Sistema Solare. La teoria e la scoperta si devono ad Abraham “Avi” Loeb, personalità molto tenuta in considerazione in ambito scientifico: fisico teorico specializzato in astrofisica e cosmologia.
Ha alle sue spalle un curriculum di tutto rispetto avendo diretto, tra il 2011 e il 2020, il Department of Astronomy di Harvard. Tra gli altri riconoscimenti, c’è da dire che è membro della American Academy of Arts and Sciences, della American Physical Society e della International Academy of Astronautics. Nel 2012, la rivista Time lo ha selezionato tra le 25 personalità più influenti, a livello globale, nel campo della ricerca spaziale. Ma il suo curriculum potrebbe essere molto più lungo.
Recentemente, Loeb ha rilasciato un’intervista che ha fatto il giro del mondo e ha fatto molto parlare di sé. D’altro canto non è la prima esternazione dello scienziato che ci dice che Loeb creda fermamente alla possibilità di forme estranee al mondo che conosciamo tutti noi. Anzi, non ha mai fatto mistero della sua convinzione che non siamo soli nell’universo. Andiamo a capire, allora, la linea di pensiero di Loeb.
Frammenti alieni in un meteorite
Loeb ha dichiarato che i frammenti di un meteorite precipitato sul nostro pianeta nel 2014, e inabissatosi nell’Oceano Pacifico, contengono del materiale “anomalo rispetto a qualsiasi lega creata dall’essere umano, ma anche rispetto alle sostanze note contenute negli asteroidi e a quelle provenienti da altre sorgenti astrofisiche”.
E, dicevamo, non è la prima volta che Loeb si esprime su questi temi. Già nel 2021, il fisico di Harvard aveva dichiarato che l’asteroide interstellare Oumuamua fosse il resto di una tecnologia aliena. Per Loeb, d’altro canto, sarebbe arrogante pensare di essere le uniche forme di vita esistenti, e sbagliato catalogare come assurdità teorie controcorrente.
Loeb, peraltro, sta anche lavorando a un progetto (denominato “Galileo”) che dovrebbe aiutarci a capire se siamo effettivamente in grado di scoprire e identificare tecnologia aliena. Con riferimento al meteorite inabissatosi nel Pacifico (e, per la precisione, al largo della Nuova Guinea), le ricerche di Loeb avrebbero scoperto delle piccole sfere, come biglie metalliche di diversi colori: dorate, blu e marroni, composte per l’84% di ferro, per l’8% di silicio, per il 4% di magnesio e per il 2% di titanio. Questi materiali, uniti alla presunta velocità del meteorite all’esterno del Sistema solare hanno spinto Loeb a pensare che si possa trattare di frammenti di un veicolo di una civiltà aliena. Sarà vero?