A disciplinare la materia è l’articolo 660 del Codice Penale che, al momento, si riferisce però solo alle telefonate. Ma secondo i giudici dev’essere esteso a qualsiasi forma di comunicazione.
In base all’articolo 660 del Codice Penale Italiano, “[…] chiunque, in un luogo pubblico o aperto al pubblico, oppure col mezzo del telefono, per petulanza o per altro biasimevole motivo, reca a taluno molestia o disturbo è punito con l’arresto fino a sei mesi o con l’ammenda fino a Euro 516,00”. In altre parole: se una persona fisica (ma potrebbe trattarsi, ad esempio, anche di un call center) tormenta “taluno” attraverso telefonate moleste, secondo il nostro Codice Penale rischia grosso.
Si tratta, infatti, di un vero e proprio reato, nei confronti del quale la persona offesa può difendersi in giudizio avanzando querela. Ed oggi è attivo anche un servizio telematico online che consente di segnalare le telefonate indesiderate al Garante, compilando velocemente un semplice modulo. Tuttavia la Giurisprudenza non si ferma qui.
Secondo la Corte di Cassazione, infatti, il reato può essere – o meglio: deve essere – esteso anche alle comunicazioni effettuate in forma elettronica, tra cui le email. Secondo i giudizi supremi, la materia penale è esattamente la stessa, ovvero molestia e disturbo grave e lesivo; semplicemente viene perpetrata attraverso medium comunicativi evoluti. E dunque anche i provvedimenti disciplinari devono evolvere di conseguenza.
La sentenza che ha ampliato la portata dell’articolo 660 del Codice Penale
È stata una sentenza ad aumentare la portata dell’articolo 660 del Codice Penale, aprendo all’inclusione delle forme di comunicazione elettronica effettuate attraverso strumenti digitali: nello specifico è la numero 34171/2023 che, analizzando un caso di molestie perpetrate tramite email, hanno ritenuto che queste costituissero a tutti gli effetti il reato.
In termini tecnici, secondo i giudici non si tratta di un’analogia, bensì di una interpretazione estensiva della legge che considera l’email uno strumento intrusivo ed invasivo tanto quanto la telefonata. Soprattutto in considerazione dei giorni nostri, in cui la posta elettronica è sempre accessibile tramite i nostri smartphone. E molti di noi, inoltre, attivano anche la funzione di notifica ad ogni ricezione avvenuta (anche se, badiamo bene, l’eventuale disattivazione delle notifiche non rende comunque irrilevante l’azione di molestia perpetrata dal molestatore).
E non solo email: anche messaggi SMS, che vennero inclusi nel reato già in passato, ed ora messaggi via chat, come attraverso WhatsUp, Telegram, Messenger e piattaforme di messaggistica istantanea simili. Ed attenzione, perché se alle molestie si aggiunge lo stalking, le conseguenze sono ancora peggiori: la reclusione, infatti, aumenta ad un minimo di un anno fino ad un massimo di sei anni e sei mesi.