Le dipendenti incinte possono richiedere particolari permessi per sottoporsi a visite e controlli necessari per la gravidanza.
La legge italiana tutela le lavoratrici durante il periodo della gravidanza, per preservare la salute di madri e figli. Per questo motivo, le dipendenti incinte hanno il diritto di assentarsi dal lavoro e di fruire di permessi retribuiti per svolgere accertamenti medici, visite specialistiche ed esami, legati al loro stato. A prevedere tale diritto è il Testo Unico sulla Maternità, che si rivolge a tutte le lavoratrici dipendenti, sia del settore pubblico sia di quello privato.
Questa agevolazione si aggiunge al congedo di maternità obbligatorio, che spetta a partire dall’ottavo mese di gravidanza. Ma la normativa prevede anche dei limiti alla fruizione del beneficio. Scopriamo quali sono.
Le lavoratrici dipendenti possono assentarsi da lavoro per effettuare esami prenatali, accertamenti clinici e visite mediche specialistiche. È opportuno specificare, però, che tale diritto è garantito solo per il tempo necessario per compiere la visita o l’esame medico e, dunque, non necessariamente per l’intera giornata lavorativa. Questo significa che, al termine dell’esame, la dipendente dovrà ritornare a lavoro.
Se, invece, l’orario della visita (compreso il tempo per raggiungere la struttura e ritornare) corrisponde al periodo di attività giornaliera, allora il permesso viene considerato come assenza retribuita per l’intero giorno di lavoro. Non è stabilito, però, un numero massimo di accertamenti ed esami per la fruizione dei permessi retribuiti.
Le lavoratrici incinte che devono assentarsi durante l’orario di lavoro per ragioni legate alla propria condizione, devono avvertire il datore, presentando una certificazione medica. I permessi vanno richiesti tramite domanda, alla quale bisogna allegare, dopo la visita o l’esame, il documento rilasciato dalla struttura che riporta la data e l’orario.
Questo, però, non significa che spetti al datore di lavoro decidere circa la necessità degli accertamenti medici. La valutazione va compiuta esclusivamente dalle lavoratrici interessate, dietro parere del proprio medico.
Il datore di lavoro (o l’Amministrazione, nel caso delle dipendenti pubbliche) non può opporsi al riconoscimento del beneficio né può negarlo per ragioni di servizio. Allo stesso modo, non può pretendere che le assenze vadano recuperate. Occorre specificare, infine, che tali permessi non vengono considerati giorni di malattia e, dunque, le lavoratrici non possono essere sottoposte a visita fiscale.
Non rientrano neanche nella categoria dei permessi per motivi personali o familiari ma sono dei veri e propri permessi retribuiti, che devono essere riconosciuti a tutte le dipendenti, a prescindere dalle disposizioni dei contratti collettivi di categoria.
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