Importanti novità riguardo le pensioni. Con Quota 41 e Quota 96 arriva la vera svolta. Vediamo insieme cosa cambierà.
Finite le vacanze si torna a parlare di pensioni. Dal prossimo anno potrebbe cambiare tutto grazie a Quota 41 e a Quota 96. Di ritorno dalla Puglia – dove ha trascorso le vacanze con la famiglia- il premier Giorgia Meloni si riunirà subito con la sua squadra di Governo per discutere della prossima legge di Bilancio. Al centro della discussione ci sarà la riforma delle pensioni.
Perché se è vero che – come ha puntualizzato il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti dal palco di Rimini, durante il meeting annuale di Comunione e Liberazione- tutto non si può fare, è altrettanto vero che qualcosa si deve fare. L’obiettivo è superare la legge Fornero: il traguardo è ancora lontano ma si può procedere a piccoli passi per favorire – seppur con parsimonia – le uscite anticipate.
Pensioni: ecco cosa cambierà
Le questioni da affrontare sono tante e i nodi da sciogliere ancora di più. Un grosso punto interrogativo pende ancora su misure come Quota 103 e Opzione donna, mentre sembra farsi strada l’idea di estendere a tutti Quota 41 e di ripristinare Quota 96.
Le forze leghiste del Governo premono affinché Quota 41 venga estesa a tutte le categorie di lavoratori. Questa opzione – che prevede il pensionamento al raggiungimento di 41 anni di contributi a prescindere dall’età anagrafica – al momento si rivolge solo alle seguenti categorie:
- lavoratori precoci con almeno un anno di contributi versati prima di aver compiuto 19 anni;
- addetti a mansioni gravose o usuranti;
- lavoratori con almeno il 74% di invalidità.
Il Governo sembra disposto ad estenderla a tutti ma ad una condizione: l’assegno previdenziale verrà ricalcolato esclusivamente con il sistema contributivo puro. Questo, naturalmente, comporterà assegni più bassi ma darà una boccata di ossigeno alle casse dello Stato che, al momento, non sono messe troppo bene. Stando alle prime stime, ricalcolando tutte le pensioni con il sistema contributivo puro, la spesa non supererebbe 1 miliardo di euro contro i 5 miliardi stimati se si estendesse a tutti Quota 41 prevedendo anche il sistema di calcolo misto.
Altra ipotesi che si sta facendo largo è il ritorno di Quota 96. Questa opzione – abolita nel 2012 dall’allora Governo Monti in quanto troppo dispendiosa- prevede il prepensionamento a 61 anni con un requisito contributivo di 35. Anche in questo caso, per non dissanguare le casse statali, questa misura potrebbe essere applicata ma con delle limitazioni. Ad esempio potrebbe rivolgersi solo ad alcune categorie specifiche di lavoratori come gli addetti alle mansioni gravose e solo con il ricalcolo degli assegni previdenziali con il sistema contributivo puro.
Infine si ipotizza anche di allargare la platea dei beneficiari di Ape sociale ampliando la lista dei lavori gravosi. Ricordiamo che Ape sociale permette di accedere alla pensione a 63 anni con un requisito contributivo di 30-32 oppure 36 anni – a seconda della categoria di appartenenza- ma non prevede né la tredicesima né la quattordicesima e l’assegno non può mai superare 1500 euro al mese.