Buone notizie per i pensionati italiani: gli assegni saranno rivalutati dal 1° gennaio, ma non per tutti allo stesso modo.
I ministri del Lavoro e dell’Economia hanno firmato il decreto che dispone, a partire dal prossimo 1° gennaio 2024, un adeguamento delle pensioni all’inflazione. Come noto, le pensioni di tutte le categorie – sia previdenziali che assistenziali – sono collegate al valore dell’aumento dei prezzi al consumo, registrato su base annuale dall’Istat. Vediamo nel dettaglio tutti i numeri in ballo.
L’adeguamento delle pensioni si basa su un indice Istat stimato, con un successivo conguaglio variabile a seconda del valore definitivo a gennaio dell’anno successivo. Negli ultimi anni, per effetto di varie norme di legge mirate a frenare l’aumento della spesa pubblica complessiva, la rivalutazione non è stata applicata al 100% su tutti gli assegni, ma in maniera inversamente proporzionale al valore della pensione. Sarà così anche per il 2024?
L’aumento delle pensioni 2024 dalla A alla Z
Il valore dell’aumento delle pensioni indicato per il 2024 è pari al +5,4%, ed è stato calcolato sulla base della variazione percentuale registrata negli indici dei prezzi al consumo forniti dall’Istat il 7 novembre 2023. Ma ciò non significa che sarà applicato su tutti gli assegni indiscriminatamente. L’aumento del 5,4% sarà riconosciuto solo ai pensionati che ricevono fino a 4 volte il minimo: per valori superiori l’adeguamento si ridurrà in maniera progressiva. Nella bozza della legge di bilancio 2024, in attesa di approvazione entro il 31 dicembre, c’è in particolare una novità che riguarda la rivalutazione delle pensioni di importo elevato.
Per le pensioni di importo superiore a 10 volte il trattamento minimo Inps è stata fissata l’aliquota di rivalutazione del 22% (il che si traduce in un aumento effettivo del 1,188%), anziché del 32% come nel 2023. Il taglio della rivalutazione di 10 punti percentuale alle “pensioni d’oro” garantirà nel 2024 un risparmio di 135 milioni di euro per l’Inps. Per tutti gli altri casi le rivalutazioni seguono i criteri seguenti:
- Pensioni fino a 4 volte il minimo, cioè fino a 2.272,76 euro: rivalutazione del 100% (aumento effettivo pari al 5,4% dell’assegno – valore ISTAT definitivo)
- Pensioni da 4 a 5 volte il minimo, cioè da 2.271,76 a 2.839,70 euro: rivalutazione dell’85% (aumento effettivo pari al 4,59%)
- Pensioni da 5 a 6 volte il minimo, cioè da 2.839,70 a 3.407,64: rivalutazione del 53% (aumento pari al 2,862%)
- Pensioni da 6 a 8 volte il minimo, cioè da 3.407,64 a 4.543,52: rivalutazione del 47% (aumento pari al 2,538%)
- Pensioni da 8 a 10 volte il minimo, cioè da 4.543,52 a 5.679,40: rivalutazione del 37% (aumento pari al 1,998%)
Secondo gli ultimi dati disponibili, i pensionati che percepiscono pensioni fino a 4 volte il minimo sono il 54,1% del totale, mentre le pensioni di importo tra 4 e 5 volte il minimo sono il 15,7%, quelle oltre 5 volte il minimo rappresentano il 7,7%, quelle tra 5 e 6 il 9,3%, quelle tra 6 e 8 il 9% e quelle tra 8 e 10 il 4,2%.