Una nuova sentenza della Cassazione ha suscitato parecchio scalpore: l’indennità di disoccupazione può essere sospesa o cancellata.
Una sentenza interviene sulla possibilità della cancellazione immediata del diritto al sussidio a favore di quei soggetti che si trovano in uno stato di disoccupazione involontaria. Secondo la Cassazione, dunque, ci sono casi specifici in cui è possibile perdere il diritto all’indennità di disoccupazione. Analizzando la sentenza è possibile capire cosa evitare e come comportarsi per non rischiare di perdere l’indennità mensile offerta dall’INPS.
Chi percepisce la NASpI (Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego, ovvero la forma principale di indennità di disoccupazione attiva in Italia) deve comunicare all’INPS varie informazioni sulla propria situazione economica e lavorativa, secondo le regole stabilite, pena la cessazione del sostegno.
Per esempio, il percettore della NASpI deve comunicare all’INPS se ha iniziato a svolgere un’attività lavorativa autonoma o di impresa. E ora giungono informazioni importanti anche riguardo a ciò che un lavoratore deve comunicare al momento della presentazione della domanda per la disoccupazione.
Già in passato la Corte di Cassazione era intervenuta sui temi della disoccupazione e della NASpI, ma l’ultima sentenza ha suscitato parecchio interesse, dato che ha chiarito in quali casi è possibile perdere l’indennità mensile. Nell’ordinanza n. 846 del 9 gennaio 2024, la Cassazione ha in pratica offerto importanti limiti sulla validità del diritto alla disoccupazione in funzione della richiesta della NASpI.
La sentenza della Cassazione sulla disoccupazione: chiarito il caso in cui si può perdere l’indennità
Secondo la Cassazione, se il beneficiario della NASpI non comunica un’attività lavorativa autonoma o di impresa già in corso al momento della domanda e non è in grado di stimare il reddito che egli presume di trarre da quest’attività, la disoccupazione può cessare. In sostanza, si può arrivare alla decadenza dell’indennità di sostegno.
Nella fattispecie, la Corte di Cassazione ha esaminato il caso di un lavoratore che durante il periodo coperto dall’indennità di disoccupazione, e già nel momento in cui aveva presentato la domanda per la NASpI, stava svolgendo un’attività lavorativa autonoma. Il tutto senza averlo comunicato all’INPS entro il termine stabilito.
Secondo le leggi vigenti un disoccupato che percepisce la NASpI può svolgere un’attività autonoma e anche guadagnarci, ma deve comunicare tutto all’INPS, in modo che l’istituto possa calcolare in base alle entrate del lavoratore l’ammontare dell’assegno.
Il lavoratore della sentenza possedeva già una partita IVA al momento della richiesta dell’indennità di disoccupazione. Dunque svolgeva già un’attività di lavoro autonomo o d’impresa. Prima della sentenza si pensava però che il percettore dovesse comunicare tali informazioni solo nel caso dell’apertura di una nuova partita IVA.
La novità sostanziale è che la Cassazione ha introdotto un più chiaro obbligato di comunicazione all’INPS entro un mese dalla domanda dello svolgimento di un lavoro autonomo o di impresa. E questo sia per le attività cominciate prima della percezione dell’indennità, sia per quelle cominciate dopo.