Novak Djokovic si sta ancora leccando le ferite dopo la clamorosa sconfitta contro Jannik Sinner nella semifinale degli Australian Open
C’è sempre una prima volta per tutti, anche per un fuoriclasse del livello di Novak Djokovic. Il tennista serbo numero uno del tennis mondiale prima di imbattersi in uno Jannik Sinner stratosferico non aveva mai perso in semifinale agli Australian Open. L’undicesimo appuntamento è risultato fatale, anche grazie alla straordinaria prestazione fornita dal giovane campione azzurro.
Nelle dichiarazioni rilasciate nel post partita, il campione belgradese ha voluto sottolineare i meriti del suo avversario: “Jannik è stato incredibile, mi ha letteralmente distrutto“, le parole inequivocabili di Djokovic che ha poi recitato una profonda autocritica: “Non ho mai giocato così male“, la frase che sembra sancire l’inizio della fine del suo regno.
Al di là della sconfitta di qualche giorno fa, il bilancio tracciato dal fuoriclasse serbo non può non essere esaltante: a quasi trentasette anni ha conquistato la bellezza di 24 tornei del Grande Slam, è uno degli sportivi più ricchi del mondo e verrà ricordato con ogni probabilità come il tennista più vincente di tutti i tempi. Un presente luminoso e un futuro più che rassicurante per Novak Djokovic. La vita del campione belgradese però non è stata sempre così, tutt’altro.
Djokovic, il racconto fa venire la pelle d’oca: tifosi in lacrime
In un’intervista rilasciata ai microfoni di Today Show Australia, il numero uno del mondo ha ricordato soprattutto il suo passato. Un passato difficile, drammatico, in cui non si rischiava di perdere una partita di tennis, ma la vita stessa.
“Abbiamo vissuto due guerre – ha ricordato Djokovic -, un embargo dal 1992 al 1996. Nessun atleta serbo poteva viaggiare all’estero per partecipare alle competizioni internazionali. È stata una vera sfida caratterizzata da momenti difficili, le cose sarebbero potute andare diversamente per me. Credo che il destino abbia voluto che io giocassi a tennis e raggiungessi grandi risultati“.
Il ricordo del dramma vissuto quando era appena un adolescente non gli impedisce di vivere il presente con entusiasmo e determinazione: “Esiste una connessione tra alcuni miei comportamenti attuali e le mie origini. Avevo 12 anni quando la Serbia è stata bombardata per due mesi giorno e notte” – ha proseguito Djokovic -. “I bombardamenti appaiono ancora nella mia mente, soprattutto quando sento il suono dei fuochi d’artificio. Siamo ancora traumatizzati da quegli eventi“.