L’indagine sull’acqua minerale è durata anni ed è stata condotta da uno dei più importanti quotidiani nazionali. E anche il Governo pare non sia estraneo ai fatti.
Di recente è scoppiato un vero caos sull’acqua minerale. A rendere la circostanza ancora più complessa, pare ci sia anche un “contributo” del Governo: a quanto emerso, infatti, sembrerebbe che fosse a conoscenza da anni delle frodi in atto, ma avrebbe preferito non intervenire (e forse ha avuto un ruolo più importante in tutta la questione).
Lo scandalo potrebbe coinvolgere circa 1 produttore su 3 dell’intero Paese: una proporzione davvero enorme, che turba il mercato e arreca un danno particolarmente significativo alle aziende che hanno continuato a produrre seguendo correttamente le regole. Ed il problema potrebbe esserci dal 2019, ovvero da ormai addirittura un quinquennio.
Siamo in Francia e parliamo di acqua minerale: cinque anni fa il gruppo Alma, il terzo più importante del Paese per l’imbottigliamento dell’acqua dopo Nestlé e Danone, non segnalò l’aggiunta di anidride carbonica sulle etichette delle sue bottiglie. L’evidenza emerse a seguito di alcuni controlli che comportarono la necessità di ulteriori approfondimenti ed indagini. E, a tutti gli effetti, è parso immediatamente come un vaso di Pandora scoperchiato.
Filtri non autorizzati, processi di microfiltrazione inferiori al livello consentito, trattamenti effettuati attraverso l’utilizzo di sostanze vietate per legge, trattamenti ultravioletti non permessi, acque etichettate come di sorgente ma in realtà miscelate con acqua del rubinetto: il tutto, a quanto emergerebbe e come riportato dalla stampa francese, con l’avallo del Governo, pressato dalla Nestlé per un “ammorbidimento” della normativa.
Così, durante un incontro che si sarebbe tenuto nel Febbraio del 2023, il Governo avrebbe accettato di trattare con l’azienda. Al contempo, tuttavia, avrebbe deciso di non rendere nota la circostanza né alla magistratura francese né alle autorità europee. E per “salvare capra e cavoli”, avrebbe richiesto alle prefetture di autorizzare la microfiltrazione al di sotto dei livelli fino ad allora consentiti, ovvero gli 0,8 micron.
Secondo la Nestlé, i provvedimenti si sono rivelati indispensabili a causa della “evoluzione delle condizioni climatiche e ambientali e al moltiplicarsi di eventi estremi, come siccità e inondazioni”. E ha poi proseguito con la dichiarazione affermando che “a questo si aggiunge l’espansione delle attività umane intorno alle sorgenti che rendono molto difficile mantenere stabili le caratteristiche delle acque minerali”. Ed ora che il coperchio è stato tolto, la parola passa alle procure.
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