A vent’anni dalla sua tragica morte, il ricordo di Marco Pantani è vivo in tutti i suoi tifosi e conforta la famiglia: un gesto bellissimo
Vent’anni senza Marco Pantani. Ma anche vent’anni senza quella verità che la sua famiglia chiede da allora e che i suoi tifosi aspettano. Per tutti loro il 14 febbraio non è San Valentino, ma il giorno del ricordo, quello della morte di un campione. L’ultimo a realizzare la doppietta Giro d’Italia-Tour de France, l’ultimo che abbia messo d’accordo tutti anche più di Vincenzo Nibali.
Una vita in salita, nel senso letterale del termine. Quella che lo ha consacrato come uno dei migliori di sempre. Quella che si è costruito da solo dopo la mattina maledetta a Madonna di Campiglio quando mancavano solo due giorni alla fine del Giro 1999.
Nessuno potrà dire se senza quel controllo con ematocrito appena sopra la soglia di tolleranza, sarebbe cambiato tutto. Ma il sospetto è forte, perché da allora è stata una rapida discesa, senza freni.
Era il 5 giugno e di fatto la sua carriera è finita lì. Vero, l’anno dopo è arrivata la vittoria sul Mont Ventoux e la splendida cavalcata in solitaria a Courchevel per mettere un doppio sigillo sul Tour di Lance Armstrong. Ma non ha cambiato la storia.
Due lampi, gli ultimi che lo hanno riportati ai suoi fasti che ha voluto regalare ai tifosi prima di eclissarsi. La storia processuale dice che la sua morte, nella stanza D5 del residence “Le Rose” di Rimini fu causata da un edema polmonare e cerebrale, conseguente ad un’overdose di cocaina. E lì ha messo un punto, che non è stato più toccato da allora e nemmeno oggi.
Eppure troppi particolari non sono mai tornati. Quel cibo cinese in stanza, che lui non mangiava mai a detta di sua mamma Tonina. Quei tre giubbotti che solo qualche giorno prima aveva messo in valigia perché voleva andare in montagna.
Poi aveva cambiato idea tornando a Rimini e il tassista che l’aveva accompagnato raccontò come con sé avesse solo una busta di plastica. Misteriosamente però i giubbotti erano nella sua stanza di Rimini e nessuno sa come ci siano arrivati.
Così negli anni, inchieste sono state riaperte ma anche chiuse, esclusivamente su sollecitazione della famiglia. L’ultima a novembre 2022: un nuovo un fascicolo per omicidio, contro ignoti. Era stato aperto dopo l’invio alla Procura riminese di una informativa da parte della commissione parlamentare antimafia, nel 2019.
In quell’occasione Fabio Miradossa, il pusher che nel 2005 aveva patteggiato una pena per spaccio collegata alla vicenda della morte del campione, lo aveva detto chiaramente. “Marco è stato ucciso”. Poi aveva spiegato di averlo conosciuto qualche mese prima, trovando una persona che voleva conoscere la verità sui fatti di Campiglio del ’99.
Marco Pantani fa emozionare ancora tutti: vent’anni dopo il ricordo è ancora vivo
Nel 1999 la Procura aveva già ritenuto credibile l’ipotesi che alcune persone legate alla camorra avessero condizionato il prelievo di sangue di Marco Pantani. Quel controllo incriminato che lo estromise dal Giro d’Italia era stato un modo per metterlo fuori dal gioco e indirizzare diversamente le scommesse sulla Corsa Rosa.
Dal giorno della sua morte a oggi, la famiglia di Pantani ha sempre chiesto una cosa sola: verità su quella fine prematura. Ma lo hanno fatto anche diverse inchieste giornalistiche. Come quella di Premium Sport del 2016 che aveva trasmesso l’intercettazione di un detenuto vicino ad ambienti legati alle scommesse clandestine.
Riferendosi all’episodio di Madonna di Campiglio, avrebbe parlato di un intervento della camorra, perché il sangue del ciclista sarebbe stato deplasmato. Quindi quel controllo sarebbe stato irregolare e Marco non avrebbe dovuto essere escluso dalla corsa.
Ipotesi che non hanno però mai portato ad accuse concrete. E così oggi restano solo i ricordi e i rimpianti per un campione morto a soli 34 anni. Ma nessuno lo ha dimenticato, come ha dimostrato la processione di molti tifosi alla sua tomba.
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E lo ha fatto anche la curva del Cesena, impegnato in casa contro l’Arezzo in Serie C. Una gigantografia del Pirata e uno striscione che racconta tutto: “Corri ancora adesso. Lo sento… Il vento non ti prenderà mai”.