Cosa succede se un figlio si ammala? Il congedo per malattia del figlio ha molti limiti, ma ha anche delle alternative.
Lo Stato garantisce a tutti i lavoratori dei congedi retribuiti in caso di malattia e prova a tutelarli anche se sono genitori, permettendo loro di sfruttare il congedo anche per accudire il figlio ammalato. L’ordinamento prevede dunque, sia per la madre che per il padre, vari strumenti di tutela relativi alla cura della prole.
Dopo il rientro dal perito di congedo di astensione obbligatoria, un genitore può sfruttare per esempio l’astensione facoltativa, i permessi orari per l’allattamento e soprattutto il congedo per malattia del figlio piccolo, ma solo fino a una certa età. Ovviamente si può godere di questo speciale permesso quando la malattia del figlio può essere giustificata dalla presentazione di un’idonea documentazione, come per esempio il certificato medico. Il certificato va consegnato al momento del rientro al lavoro.
Il congedo per la malattia del figlio è permesso grazie all’istituito dall’articolo 47 del Trattato Unico 151/2001. Una norma che in generale disciplina le regole e le modalità di utilizzo di congedi, riposi e permessi riconosciuti ai lavoratori che diventano genitori. Il Trattato Unico ha introdotto anche un nuovo nome: oggi si parla appunto di un congedo, mentre prima del 2021 l’assenza era definita un “permesso”.
La legge permette di poter chiedere il congedo per un massimo di 30 giorni all’anno, tra il padre e la madre, mantenendo la piena retribuzione per il settore pubblico (il 100% non è mai garantito nel privato), solo se il figlio ha un’età compresa tra 0 e 3 anni.
I giorni sono soltanto 5 in un anno per entrambi i genitori alternativamente, e la retribuzione è a 0, quando invece il figlio ammalato ha un’età compresa dai 3 agli 8 anni. Con il Jobs Act l’età limite è salita a 12 anni, ma il limite per l’assenza per malattia è sempre di 8 anni.
Ciascun genitore, sempre alternativamente, ha dunque solo il diritto ad astenersi dal lavoro, nel limite di 5 giorni lavorativi all’anno, per le malattie dei figli più grandi, ma per farlo sa di non potersi aspettare alcun tipo di retribuzione.
In questo senso, tali lavoratori sono costretti ad assentarsi senza poter sfruttare il congedo garantito per legge. Il problema è sotto gli occhi di tutti. E riguarda sia il limite troppo basso di giorni annuali previsti per le assenze e sia per la retribuzione azzerata.
I permessi non retribuiti non hanno alcuna incidenza nemmeno sull’anzianità e neppure sulla maturazione di ferie o delle mensilità supplementari. Visto che tali congedi per i bimbi da 3 a 12 anni sono considerati a tutti gli effetti giornate senza retribuzione, è meglio trovare altre strade. Quali?
Laddove possibile è meglio sfruttare i giorni di ferie retribuite. Oppure i permessi ROL, cioè le riduzioni di orario di lavoro. Permessi che sono retribuiti al 100%, e possono essere goduti anche nel caso di particolari esigenze familiari. Le ore di permessi ROL si ottengono dividendo la quantità annuale stabilita dal CCNL per i mesi di durata del contratto.
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